venerdì, 24 Marzo 2023

POESIE PER CONOSCERE O RICORDARE

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La storia antica del nostro paese e dei paesi vicini è accomunata da usanze, da lavori umili come “u scapparu” (calzolaio), “u varbieri” (il barbiere) o “u scogghiri” (la spigolatura) per la quale partivano famiglie intere per i feudi e per le campagne vicine ma con chilometri da fare a piedi al ritorno, perché il carro trainato dal mulo era pieno di spighe. Oppure “u consasegghi”(il ripara sedie ambulante), “u ricuttaru” che passava di casa in casa per vendere la ricotta, “u cuticcieri” (lo spaccapietre) e potrei continuare all’infinito, perché sono tanti i lavori umili e pieni di “core” che esistevano allora e che esistono ancora oggi, anche se ormai sono diventati delle industrie dove invece prevale la voglia di arricchirsi alle spalle degli operai e non esistono i veri valori. Valori che si distinguono, invece, nei versi dialettali del nostro poeta modicano che con semplicità ricorda a chi ha dimenticato che il poco di allora era tanto sudato ma amato da poter sfamare anche solo con le fave o un tozzo di pane la propria famiglia (non voglio parlare di oggi invece!) mentre oggi il tanto è sempre poco! Si legge nelle sue poesie inoltre delle feste religiose “a Matri a Razia” (Madonna delle Grazie), “San Gioggi” (San Giorgio) e dell’eterna rivalità con i sanpietrini che avrebbero preferito San Pietro come patrono di Modica, e ancora del Natale, feste vissute pienamente con grande entusiasmo da uomini, donne e bambini e messe in risalto da una dialettica degli anni cinquanta che molti non sappiamo neppure sia esistita.
Nelle poesie, per fortuna tradotte anche in italiano e per questo sicuramente un testo da poter benissimo inserire fra i libri di scuola dei nostri ragazzi e professori come “lingua dialettale del proprio paese”, dicevo, nelle poesie del nostro contemporaneo poeta modicano, si legge e si sente l’amore per tutto per il suo vissuto, per la propria terra e per la propria cultura. Si sente anche una vena di nostalgia mischiata all’allegria dei tempi passati e a una leggera malinconica voglia di poter far rivivere tradizioni e mestieri di un tempo, solo con l’aggiunta di un po’ di poesia in più ai nostri giorni e cioè un pizzico d’amore in più nelle cose che facciamo.
Un libro di poesie, quindi, da comprare senz’altro, anche perché il devoluto andrà tutto in beneficenza, da leggere per capire e da regalare a persone che non ricordano o non hanno vissuto quei tempi.
Complimenti, Peppe Casa!

Sofia Ruta

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