martedì, 28 Marzo 2023

IN MORTE DI ERICH PRIEBKE

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Anche stavolta ci siamo comportati in conformità a ciò che di noi italiani pensano all’estero: buffoni e vigliacchi.

Nulla è cambiato da quando Dante scriveva questi versi, che potremmo porre come epigrafe sulla tomba di questo disgraziato Paese:

“Ahi serva Italia di dolore ostello,

nave senza nocchiere in gran tempesta,

non donna di province, ma bordello!”

In questo impietoso ritratto dell’Italia di più di otto secoli fa riconosciamo in pieno la realtà dell’oggi. La gestione del caso Priebke è esemplare del lassismo e del buonismo – ma forse sarebbe meglio parlare di menefreghismo – con cui chi comanda manca di rispetto ai sentimenti della gente comune.

Già al tempo dell’evasione di Kappler dall’Ospedale Militare del Celio, operata dalla moglie e dal figlio chiudendolo in una valigia e calandolo dalla finestra sotto gli occhi dei carabinieri di guardia, ci coprimmo di ridicolo: l’autore dell’eccidio delle Fosse Ardeatine e della razzia prima e del blitz poi nel Ghetto di Roma – che portò alla deportazione di più di mille Ebrei ad Auschwitz – passò i suoi ultimi giorni nel calore dell’affetto familiare, nella sua Germania che non batté ciglio sull’opportunità o meno di ospitare un criminale di guerra di ottima levatura.

Dato che, a quanto pare, noi italiani non riusciamo a trarre alcun insegnamento dall’esperienza – cosa che mediamente riesce agli altri primati – abbiamo condannato il bieco torturatore di Via Tasso e solerte esecutore di ordini infami all’ergastolo, con una serie di processi cavillosi e risibili. Data l’età, gli furono concessi gli arresti domiciliari da scontare presso il domicilio del suo legale, col permesso di uscire per andare a fare la spesa, per la Messa e per tutte le altre piccole necessità del vivere.

I romani hanno dovuto subire la presenza e la vista di questo bell’esemplare a passeggio per la città a piede libero, con la scorta pagata dai contribuenti a tutelarne l’incolumità fisica piuttosto che ad impedirne la fuga. Priebke ha festeggiato il suo centesimo compleanno con gli auguri vivissimi dei suoi simpatizzanti altoatesini. Non dimentichiamoci che la fuga dall’Italia e il successivo rifugio in Argentina gli furono favoriti proprio da filonazisti bolzanini col massiccio aiuto del clero cattolico locale appoggiato, previo doppio battesimo, da altissimi personaggi vaticani.

Se le autorità preposte avessero controllato decentemente la situazione, non avremmo avuto la beffa galattica dei non-funerali ad Albano coll’indegno, vile contorno dei calci alla bara, non avremmo dovuto subire la spocchia di chi stava organizzando, senza alcuna remora, la calata di centinaia di filonazisti e la successiva sepoltura in terra romana, destinata a diventare luogo di pellegrinaggio dei nostalgici della svastica. Uno dei figli aveva proposto, come ulteriore provocazione, la sepoltura in terra d’Israele: sarebbe stata una bella mossa consentire agli ebrei di poter gettare i resti del boia nella Geenna, un boomerang della storia! La diffusione in rete del testamento spirituale, poi, non ha fatto altro che gettare benzina sul fuoco.

Bisognava fare come hanno fatto gli americani con le spoglie di Bin Laden: modesta cerimonia funebre privatissima seguita da cremazione e dispersione delle ceneri, dandone notizia a posteriori. Ma si sa, usare il cervello è cosa faticosa…

In tutto questo buio delle coscienze e nello smarrimento totale di ogni sentore di civiltà, per me ha brillato una piccola luce. Nello scorrere sul web le notizie riguardo all’eccidio seguito all’attentato di Via Rasella, ho ritrovato la memoria di un grande modicano, che ho avuto modo di avere l’onore di conoscere quale straordinario docente, prima al liceo e poi all’università: l’architetto Nello Aprile. Uomo estremamente riservato, dal tratto signorile di vero gentiluomo, fu capace di aprire la mente a me e a tanti condiscepoli facendoci conoscere, con grande anticipo sui tempi, le teorie della forma e della figurazione – la Gestalt – e la teoria del colore con gli studi di Goethe e di Kandinsky. Appena laureato, partecipò al concorso di progettazione e realizzazione del sacrario delle Fosse Ardeatine, che vinse pari merito con Giuseppe Perugini, altra eccezionale perla della Facoltà di Architettura di Valle Giulia. Dalla collaborazione di questi due giovani appassionati architetti, affiancati dalla poetica dello scultore Mirko Basaldella, nacque questo monumento fortemente simbolico quanto minimale e segreto. Invito chi volesse conoscerlo a fare una piccola ricerca su Internet: ci sono immagini veramente suggestive. Nello Aprile non parlava mai di sé, e per anni ho ignorato che quest’uomo schivo e sorridente fosse l’autore di un’opera così piena di valori estetici e morali, ahimé ormai quasi perduti. Sarebbe bello se fosse possibile reperire notizie sulla vita e le opere di questo figlio di Modica, per poterne riconoscere pubblicamente i grandi meriti. Grazie, caro professor Aprile.

Lavinia P. de Naro Papa

 

 

 

 

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