Per un artista esporre vuol dire mostrare, vuol dire incontrare, vuol dire dialogare, vuol dire uscire dal monologo interiore per avviare uno scambio con la comunità. Andrea Emilio lo fa periodicamente. Lo abbiamo incontrato a Pozzallo dove ha esposto opere realizzate a mosaico, a Modica presso Palazzo Grimaldi con disegni, e, ai primi di questo novembre, nella Chiesa di S. Anna presso il Liceo Convitto con stampe xilografiche.
Ogni volta è una rivelazione delle sue competenze e delle sue abilità tecniche ed artistiche, non solo perché varia lo spettro delle proposte sul piano tecnico e grafico, fa anche questo, ma perché servendosi di tecniche antiche di secoli le utilizza con una declinazione che sa di inedito, di assolutamente attuale, come colui che avendo interiorizzato la ricchezza e la plasticità della lingua di Dante riesce a catturare la sensibilità e l’attenzione di un quindicenne d’oggi che solitamente frequenta solo il web.
Andrea ha questo dono, sa unire l’ieri all’oggi facendo sintesi del bagaglio culturale che permea la storia sedimentata nei secoli e il tratto dell’espressione odierna. Andrea è un artista anche in questo, sia per quello che di inedito propone (nei suoi lavori infatti si accoppia la pazienza della manualità artigiana del maestro e un tratto realizzativo di stile contemporaneo), sia per il linguaggio originale che attualizza il manufatto. E’ sorprendente come con maestria attui una sorta di rivisitazione che non altera l’antico ma realizza il moderno, sappia costruire ponti, sappia collegare linguaggi senza forzare su niente, senza cadere nella confusione, senza mancare di rispetto e rigore al buongusto.
A mio parere, Andrea ha saputo metabolizzare un ascolto poetico della conoscenza che ha avuto modo d’incontrare e conoscere durante la sua formazione e dall’ambiente di vita che ha frequentato, ascolto poetico che è capace di restituire con la leggerezza della sapienza tecnico-artigianale impeccabile acquisita nel percorso formativo (Accademia di Belle Arti di Ravenna, corso di incisione ad Urbino).
Questo giovane ha maturato un bagaglio notevole, tanto da poter osare di innovare. Il suo saper fare può essere paragonato al musicista che acquisita una mirabile formazione accademica classica e dopo la restituisce all’ascoltatore nel genere jazz, facendolo strabiliare col “suo” Bach, riuscendo cioè a farlo impazzire per l’antico espresso in maniera più libera, senza i lacci ingessanti dell’accademismo statico, insomma aggiungendo libertà senza togliere sostanza.
E’ questo quello che abbiamo trovato nell’ultima mostra, “Volti della Poesia”, nella serie di ritratti che ci siamo trovati allineati sui due lati della Chiesa di S. Anna poggiati su cavalletti, stampe xilografiche in formato 50×70 (acrilico su carta).
Ritratti di volti espressi con un tratto grafico originale, moderno, innovativo. Un tratto grafico capace di superare l’immobilità fisiognomica del ritratto classico, capace di rendere, attraverso un gioco di luci ed ombre emergenti dal solco prima tracciato sul legno, poi coperto di vernice e riportato sulla carta, la peculiarità di quell’individuo.
Con questo tratto originale emerge da ciascuno una fisionomia autentica e mobile, una sorta di peculiarità dell’anima sgorgante dal profondo, espressa con l’acutezza e la leggerezza della disinvoltura del linguaggio satiresco. Una sorta di messaggio estratto dall’accentuazione della sostanza reale che mira all’occhio piuttosto che all’orecchio come fa la parola della satira, ma come quella penetra sottile.
Il giovane Andrea Emilio maneggiando una tecnica risalente al XIV secolo, a cui imprime il suo tratto personalissimo, riesce ad ottenere una resa fumettistica elegante e leggera, raffinata e sottile che di ogni volto esalta, sottolineandolo con il segno della paradossalità, l’essenza della personalità, il tratto dell’unicità individuale fino a farlo emergere in una sorta di tono sonoro da baritono sovrastante quello del basso dei classici ritratti. E’ capace insomma di un artificio sottile che non si vede agire ma rende effetto: luci ed ombre, segno e contorno. Un concorrere alchemicamente dosato capace di rendere espressioni di autenticità caratteriali del soggetto che vanno ben oltre la fissità di una foto o di un ritratto di tipo classico.
Il visitatore della mostra si è imbattuto in una vivezza ed acutezza d’espressione dei personaggi davvero sorprendente, tutta giocata su una complicità tra gli occhi e il contorno del viso, dove i primi travasano ed il secondo trattiene. In questo modo riesce a fare danzare la diffidenza dello sguardo un po’ torvo di chi ha osato affacciarsi sugli abissi della psiche di un Quasimodo che, se pur familiarissimo, ci viene reso inedito. Altrettanto avviene per gli altri noti volti di poeti e scrittori modicani come Salvatore Puma dai cui segni espressivi emerge tutta la tenacia dell’autodidatta, Carmelo Ottaviano con la sua ermeticità, Giovanni Modica Scala con la sua curiosità ambiziosa, Nannino Ragusa con la sua intelligenza investigativa, Enzo Sipione con la pacatezza dell’osservatore profondo, Elio Galfo con la gentilezza aristocratica, Carmelo Assenza con la morbidezza dell’affabilità amante, Marcello Perracchio con la tensione della maschera che rende tanti volti, e Raffaele Poidomani con la spietatezza sentenziante verso l’ipocrisia dei meschini d’animo.
Una galleria di maschere, impercettibilmente alterate per rendere l’autenticità dell’anima che coprono, resa vivida e palpitante, capace di arrivare, fino a toccarla, all’intimità sensibile del visitatore con l’incisività di un graffio e la leggerezza di un soffio, rendendo visibile, come sa fare l’arte, ciò che sta al tiro dello sguardo ma che normalmente risulterebbe invisibile.
Carmela Giannì