martedì, 28 Marzo 2023

CHE PARADOSSI!

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Se uno di noi, un poveraccio qualsiasi, magari per un’emergenza, si trova a parcheggiare in divieto di sosta, si becca la multa. Giusto: è venuto meno a un divieto e deve pagare, non importa quale sia il motivo per cui ha commesso l’infrazione, l’ha commessa e basta, deve pagare e a nessuno verrà in mente di sindacare quale ne sia stata la motivazione, la legge non lo prevede.

Non capiamo pertanto le polemiche suscitate dalla multa per divieto di sosta comminata a monsignor Antonio Staglianò, stante la sua auto si trovava in detto divieto.

Che i poveri vigili urbani non siano amati dalla popolazione motorizzata del Bel Paese è un fatto, ma che si arrivi a pretendere che non facciano il loro dovere ogniqualvolta si trovino di fronte a un personaggio importante e addirittura si arrivi a insinuare che uno di loro l’abbia fatto per vendetta, o ritorsione, come si preferisce dire, è davvero preoccupante. Che si sia pensato a una ritorsione da parte del vigile urbano autore della multa per lo spostamento da parte della diocesi di padre Michele Fidone da Modica a Ispica, peraltro secondo quello che è un normale avvicendamento dei parroci nelle parrocchie facenti parte di una diocesi, è la chiara ammissione da parte dei cittadini non del fatto che la legge, in concreto, non sia uguale per tutti, ma che tale situazione sia approvata e condivisa.

A questo punto bisogna constatare che non si tratta di mera acquiescenza di fronte a una realtà che non si hanno i mezzi per cambiare, bensì della conoscenza e approvazione della stessa, addirittura della difesa di quei comportamenti contrari alla legge che tanti, no, in realtà pochi, hanno dato la vita per cambiare. Commemorare Borsellino e la sua scorta, additare Giuseppe Fava come esempio, persino manifestare agitando fiaccole in onore delle vittime della mafia, tutto si trasforma in una tragica finzione, una maschera che cade nel momento in cui qualcuno, rispettoso della legge e del proprio compito malpagato, si permette d’infrangere un’omertà che, inchinandosi ai potenti, priva della dignità il cittadino comune e lo condanna alla servitù. E questo anche quando non sia nemmeno stato il potente a pretendere il privilegio, infatti non ci risulta che l’alto prelato abbia mosso alcuna rimostranza per la multa ricevuta, mentre è stato chiesto a gran voce dalla gente comune di indagare sul perché il vigile urbano abbia fatto il proprio dovere. Mah!

La vicenda, al di là del suo lato grottesco, suscita molta perplessità e anche preoccupazione, perché dimostra come gli italiani antepongano al dovere la convenienza, l’interesse privato, al rispetto di quella società nella quale vivono. Se il compimento del proprio dovere è visto come qualcosa di anomalo, che addirittura viene usato per soddisfare fini personali, allora perché stupirsi se si costruiscono ponti senza fondamenta che crollano alla prima pioggia, se i ricchi non scontano le pene per cui sono condannati mentre i poveracci finiscono in prigione e ci restano pure se innocenti, se chi ha il potere di decidere emana norme in proprio favore anziché per il bene del paese?

A volte un fatterello di scarsa importanza può rivelare molto di più di quello che apparentemente comporta in se stesso riguardo al contesto nel quale avviene. Questa piccola vicenda ne è un esempio. Che tristezza!

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