Il venticinque novembre è stata celebrata la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Le iniziative sono state molte realizzate a tutti i livelli istituzionali.
E’ certamente vero che alla violenza non si fa fronte con le manifestazioni, le leggi e i trattati europei, è però vero che il fenomeno ha origine nella cultura degli individui, cioè nella difficoltà di molti di elaborare una posizione nuova, altra, rispetto a quella che da sempre il soggetto maschile ha tenuto nei confronti di quello femminile.
Occorre che il genere maschile raggiunga una posizione consapevole che la donna non è una sua proprietà, ma un essere con cui stare a confronto.
La ricorrenza è stata sottolineata anche a Modica con una tre giorni di iniziative promosse da quattordici associazioni cittadine, che, per l’occasione, hanno creduto opportuno fare fronte comune, hanno ritenuto opportuno costituire una sorta di coro ed intonare il medesimo inno.
Il coordinamento delle 14 associazioni (Ipso facto, Avis, F.I.D.A.P.A, Inner Wheel Monti Iblei, Movimento difesa del cittadino, Ass. Mogli dei medici italiani, sezione di Modica, Cooperativa l’ARCA, ISPC (Istituto superiore di psicologia clinica centro per la famiglia), Ass. Lilith, Ass. Artesì, Centro Studi sulla Contea di Modica, Ass. Grazia Minicuccio, Lions Club e Kiwanis) ha prodotto una serie di eventi:
– un Flash Mob nell’atrio comunale; la testimonianza della scrittrice, Marzia Schenetti, vittima di stalking, che, in due appuntamenti separati, ha incontrato prima gli studenti dell’Istituto G. Verga di Modica, testimonianza seguita da un reading del suo testo “Il gentiluomo” interpretato da Marco Paoli e Ornella Fratantonio, poi i cittadini, presso la sede dell’Ente autonomo Liceo Convitto.
Un contributo attivo hanno avuto gli alunni del Liceo artistico di Modica tramite un’estemporanea di pittura, con l’obiettivo di destinare il ricavato al finanziamento dello sportello antiviolenza, col medesimo fine l’AVIS ha donato e messo in vendita delle piantine.
Il giorno seguente infine la proiezione del film “Miss Violence” di Alexandras Avranas al Nuovo Cinema Aurora.
Il gruppo di associazioni non vuole fermarsi alla ritualità della giornata, vogliono contribuire ad attivare un’azione conoscitiva del fenomeno a partire dalla scuole.
Sono già attivate azioni formative con alcune terze classi delle medie della città puntando su dei corsi appositamente studiati che hanno per oggetto la differenza di genere, la sessualità e lo studio di una piaga sociale come la crescente violenza sulle donne.
L’Amministrazione cittadina sui processi di formazione per una lotta alla violenza sulle donne ha puntato e investito con diverse azioni:
-istituendo lo “sportello antiviolenza”, capace non solo dell’ascolto, ma anche dell’assistenza a quelle donne che si dichiarano vittime di violenza; sostenendo il progetto “Pianeta Donna”, redatto dall’associazione “Ipso Facto”, finanziato dalla Regione Sicilia con 9mila euro, che servirà a curare l’aspetto formativo nelle scuole sulla pericolosità del fenomeno.
La cosa determinante, ai fini di realizzare la concretezza dell’aiuto alle donne vittime di violenza, è il protocollo firmato davanti al Prefetto per sancire la rete tra le istituzioni che devono farsi carico del problema quando giunge la denuncia, ma, ancora più importante, è l’azione in fase di realizzazione che l’Assessore Floridia è impegnata a realizzare, vale a dire il secondo protocollo che dettaglierà il “chi fa che cosa”.
Solo così un appello disperato potrà essere accolto e risolto in aiuto salvifico, e le donne potranno acquisire quella fiducia nelle istituzioni che le incoraggerà a cercare aiuto.
Una riflessione sul fenomeno della violenza degli uomini sulle donne va comunque fatta, perché il problema è essenzialmente culturale, di educazione, di sensibilizzazione, di riflessione e interiorizzazione di una condizione che la natura ci dà come scontata e spontanea, facendoci nascere femmine o maschi, ma che culturalmente si ha difficoltà a dargli luogo e pensiero, concetto e strategia in termini di “soggetti” pari pur se differenti.
Il soggetto maschile ha difficoltà, come è evidente, a darsi consapevolezza del valore di dualità e di soggettività al pari della naturale dualità sessuale; ha difficoltà a concettualizzare che i soggetti sono due (il maschile e il femminile) in dialettica d’esistenza, due che devono riconoscersi come tali nonostante differenti, due che devono convenire sul fatto che farsi la guerra per sopraffarsi vuol dire annientarsi, vuol dire agire una strategia cieca e balorda che porta solo all’autodistruzione.
Bisogna che ciascuno dei due prenda atto che i soggetti sono due e non uno che si serve di un altro, due differenti ma pari in dignità e forza, pari in valore e sacralità.
Per il soggetto maschile, almeno per moltissima parte di esso, su questo piano non c’è sufficiente elaborazione e presa di coscienza, non c’è interiorizzazione del rispetto dovuto all’altro da sé. Ciascun maschietto nel rapportarsi al femminile naviga a vista, naviga inconsapevole in un mare aperto, un mare che durante la bonaccia accoglie tutto, ma nella tempesta travolge i più fragili e i più vulnerabili.
Occorre infatti dire che il fenomeno della violenza brutale, quella che le norme attuali codificano e puniscono (stolking, violenze fisiche e delitti) sono l’effetto di una fragilità patologica che purtroppo oggi affligge molta parte degli esseri umani, fragilità che nelle situazioni di difficoltà emerge come un fiotto d’acqua che sgorga inaspettatamente dal sottosuolo spinta da una pressione imprevista e sconosciuta, fragilità che travolge ragioni e ragione sotto forma di aggressività incontrollabile.
Quando un fenomeno non si comprende è difficile farsene una ragione, e se non si trova una ragione ci si sente sopraffatti, si diventa aggressivi e si aggredisce per difendersi. Si agisce in preda all’istintualità cieca.
Il terreno di cultura che accoglie l’aggressività maschile rispetto alla donna è purtroppo indice di un atteggiamento culturale bloccato, impantanato in un tempo ormai andato, impigliato nelle maglie di un costume tramontato, ormai scardinato dalla psicologia femminile.
Purtroppo il soggetto maschile rimane ancorato in un tempo in cui le donne erano prive di strumenti per emanciparsi e quindi intrappolate nella soggezione al maschile che deteneva tutto il potere sociale ed economico.
Oggi le donne non sono più in questa condizione, non lo sono più nella testa, sono uscite dalla soggezione, oggi si percepiscono soggetti e reclamano l’essere trattate come tali.
Questo sacrosanto diritto, nonostante sia inscritto in leggi e trattati internazionali, da molti uomini, per fortuna non tutti, non è ancora recepito consapevolmente.
In molti maschi non c’è stato il salto di avanzamento culturale che ha attraversato le donne, da qui lo squilibrio di percezione tra i due esseri di genere differente, squilibrio di posizione culturale sulla percezione di sé e dell’altro, sfasamento che da parte del maschile si manifesta in azioni che oscillano tra il patetico e il tragico.
Un problema culturale quindi, un inciampo nella cultura patriarcale che per secoli ha dominato incontrastato, secondarizzando e negando la questione della doppia soggettività umana, inconsapevole delle conseguenze che questa condizione implica a livello di rapporti interumani e sociali.
Occorre precisare che esiste un malinteso senso del termine culturale, esso viene inteso nell’accezione di erudizione, sovrastruttura, invece è da intendersi come interiorizzazione di fatti nuovi, adeguati alla realtà che muta, va inteso come riposizionamento individuale per fronteggiare la realtà mutata.
Così come si muta posizione esistenziale di fronte a un evento atmosferico che stravolge il territorio e bisogna riposizionarsi, altrettanto bisogna fare rispetto a un processo che oramai è avvenuto, non è più pensabile cercare di fermarlo, perché il Rubicone è stato superato, oramai le donne vivono in un’altra dimensione percettiva, è inutile pensare di chiudere il passaggio per bloccare l’andare altrove, il passaggio di mutata percezione esistenziale è già avvenuto da tempo.
Del resto solo l’inerte è statico, ciò che è vivo muta, con quest’energia che genera cambiamento bisogna sapere fare i conti, è un passaggio ineluttabile come il cambiamento che genera il tempo sul nostro corpo, inutile rifiutarlo, avviene ugualmente.
Questo deve essere l’obiettivo da perseguire nell’azione culturale da agire verso la generazione più giovane, ma, affinché questa abbia successo, è necessario che l’attuale generazione lavori su se stessa, quella maschile innanzitutto, ovviamente aiutata da tutte le istituzioni formative, ma anche dalle donne.
Carmela Giannì