martedì, 3 Ottobre 2023

BELL’ITALIA

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Ennesimo crollo di un viadotto in Sicilia. Stavolta la cosa è più grave perché interrompe l’autostrada Palermo-Catania. Disastro, pare, annunciato: da dieci anni si sapeva di una frana in movimento e nulla è stato fatto per evitare danni. Dopo un inverno di piogge continue, la frana si è smossa e ha provocato lesioni gravissime ad una delle carreggiate che si è appoggiata all’altra. Dato che siamo in Italia, urge speculare sulla faccenda:

1 – L’area franosa ha un fronte di circa mille metri. I sistemi per evitare che una frana faccia danni ci sono: si approntano sistemi di contenimento oppure si evita di farci passare un’autostrada. Domanda: cui prodest? La mafia aveva interessi sul terreno o su quel tracciato in particolare? Quali funzionari del Genio (si fa per dire…) Civile non hanno fatto il loro dovere? Chi ha preso la mazzetta?

2 – Siamo sicuri che il cemento usato per la realizzazione del viadotto non sia “depotenziato”? Chi ha rubato, stavolta? Siamo certi che i pilastri non siano indeboliti dalla presenza nel loro interno di cadaveri di vittime di lupara bianca?

3 – Per completare le poche decine di chilometri che per tanto tempo hanno impedito ai siciliani orientali di poter andare a Palermo senza fare giri pazzeschi ci sono voluti più di vent’anni, oltre a parecchie cerimonie-farsa di inaugurazione preelettorali. Adesso si dice che l’autostrada rimarrà chiusa almeno per un decennio: tra gare d’appalto truccate, consulenze, subappalti e favori agli amici degli amici, ci si può credere. Ma fino a quando saremo in grado di sopportare questo andazzo?

4 – Invece di invitare le solite imprese o le oramai sputtanatissime cooperative rosse, proviamo a chiamare quei giapponesi che, alla faccia dello tsunami e del disastro nucleare di Fukushima, hanno rifatto un tratto di autostrada distrutta in 6 (diconsi sei!) giorni. Volere è potere.

lavinia paola de naro papa

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