SEI POVERO? DEVI MORIRE!

Fra i tanti scandali e le tante sozzure che siamo costretti a subire, ce n’è una particolarmente odiosa: la discriminazione per censo sulla salute.
Negli USA, se non hai un’assicurazione che garantisce il pagamento delle cure, nonostante gli sforzi di Obama per far accettare ad un Congresso a maggioranza repubblicana il principio di equità e solidarietà insito nella riforma della sanità pubblica, ti respingono senza curarti.
In Europa, grazie al cielo, il liberismo non è ancora arrivato a simili vette – nel bene e nel male, più di cent’anni di socialismo a qualcosa saranno pur serviti! – ma da tempo si assiste ad una accelerazione del restringimento nell’erogazione dei servizi di assistenza sanitaria. Vero è che in Italia troppo spesso la Sanità è stata presa a simbolo dello spreco e della ruberia sistematica; vero è anche che, per evitare denunce per mala sanità, molti medici si coprono le spalle prescrivendo analisi cliniche, visite specialistiche ed esami medici, anche molto costosi per il SSN, assai spesso sovrabbondanti quando non totalmente inutili; ma è anche vero che lo Stato, incapace di riformare un sistema sanitario asfittico e farraginoso che annida in questo suo essere il germe della disonestà, scarica sulle spalle dei cittadini il peso economico di una gestione follemente fallimentare.
Spalle? Sarebbe meglio dire “tasche”! Oramai i ticket di certe prestazioni hanno raggiunto i costi delle strutture private dove, peraltro, non esistono i tempi di attesa vergognosi caratteristici della sanità pubblica. In questo modo si genera una concorrenza sleale ai danni di quest’ultima: piuttosto che aspettare sei mesi per una visita specialistica o per un’ecografia, l’utente preferisce pagare qualcosa in più pur di potersi curare prima che sia troppo tardi.
Fortunatamente, nonostante le pastoie burocratiche e sindacali e la cronica mancanza di personale e di posti letto, anche a costo di sacrifici personali, la capacità organizzativa, la competenza e l’etica professionale del personale sanitario in alcuni settori riesce a compiere miracoli. Come per la densitometria ossea all’Ospedale Maggiore di Modica (niente liste d’attesa) o per le analisi mirate per le malattie infettive al Civile di Ragusa (niente prenotazione al CUP e niente attesa). Nella nostra provincia, poi, i servizi di vaccinazione e quelli per la prevenzione dei tumori femminili e del colon funzionano puntualmente, con l’invio di lettere che ricordano la data entro cui fare i controlli.
Prevenire è meglio che curare: è un concetto talmente ovvio che potrebbe essere espresso da Forrest Gump.
Tuttavia, per fare economia, lo Stato prende la scorciatoia di sforbiciare la lista dei farmaci salvavita gratuiti e di ignorare quasi completamente intere branche della medicina – ad esempio l’odontoiatria – e tutti i farmaci e i parafarmaci che possono prevenire tante patologie che, quando diventano più gravi o si cronicizzano, finiscono per gravare pesantemente sul bilancio statale: esenzioni dal ticket per patologie gravi, assegni di accompagnamento, allontanamento di unità produttive dal lavoro.
Sarebbe molto meglio se lo Stato riuscisse a sapersi imporre sulle industrie farmaceutiche in una contrattazione dei prezzi dei farmaci che troppo spesso da noi risultano esosi oltre misura: tutti ricordiamo lo scandalo del costo di certi colliri o quello del latte in polvere. Adesso si è aperta un’altra questione molto grave: da qualche tempo è possibile curare in modo definitivo l’epatite C, eradicando completamente il virus che la genera grazie al sofosbuvir e al simeprevir. Il ciclo di cura con questi farmaci dura molto meno tempo e non presenta pesanti effetti collaterali come la cura tradizionale, spesso inefficace, a base di interferone e ribavirina. Peccato che sia estremamente costosa: ben quarantamila euro! Motivo per cui lo Stato ha stabilito che solo i malati praticamente terminali possono essere curati gratutitamente. Questo tipo di epatite è pericolosa perché contagiosa e asintomatica, a lenta evoluzione e, non curata, porta alla morte per cirrosi o per tumore. Comprendiamo che la ricerca scientifica abbia dei costi anche molto alti, ma la Gilead Sciences, produttrice americana, potrebbe avere un ritorno economico più favorevole se abbassasse in modo consistente il prezzo così da permettere di estendere l’utilizzo del farmaco a diverse centinaia di migliaia di malati. Che si tratti di un prezzo “gonfiato” sembra evidente, dato che all’inizio le trattative tra il produttore e l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) prevedevano un costo di circa settantamila euro: ma è possibile che anche sulla salute della gente debbano vigere le regole di mercato da suk beduino? Contro la Gilead sono già partite azioni legali di cinque paesi dell’America Latina, e l’India l’ha spuntata non riconoscendo il brevetto così da produrre il generico che costa meno di mille euro a ciclo: peccato che possa venderlo solo a 91 paesi in via di sviluppo! Cosa aspetta l’Italia a fare cartello con i Paesi che rivendicano costi equi per i farmaci salvavita? Se i costi fossero abbordabili, potrebbero essere curati tanti giovani malati, risparmiando sui costi di assistenza futura, trapianti di fegato compresi, ed eliminando alla fonte le possibilità di contagio.
Dunque, allo stato attuale, solo chi può pagare si può curare o può prevenire i malanni: la costosa ortodonzia previene malanni posturali alla colonna e disturbi anche gravi alla digestione, alla respirazione nasale e all’udito, e tanti guai circolatori, che possono facilmente arrivare alla flebite o alla trombosi, si possono tenere sotto controllo con integratori come la centella o i flavonoidi vegetali, che però hanno un costo molto elevato. C’è giustizia in tutto questo?
Facendo un salto di genere, che però è coerente col discorso fatto fin qui, la stessa discrasia tra le necessità imprescindibili e i costi elevati per soddisfarle esiste anche in campo veterinario. Chi ha in casa uno o più animali sa quanto costi mantenerli in buona salute. Per lo Stato, avere un amico a quattro zampe è un lusso: ci è mancato poco alla reintroduzione della tassa di possesso – ricordate la medaglietta? – per i cani, da estendere anche ai gatti! Per la pubblicità sono invece soggetti che possono procurare forti guadagni, facendo venire complessi di colpa a chi non li nutre con bocconcini cotti al vapore o con morbidi paté. In realtà, fatta eccezione per gente che acquista cani di gran razza per esibizionismo o per sopperire a deficienze caratteriali proprie e che, in genere, non ha idea di quanto possa soffrire un chow-chow sotto il sole siculo o di quanto possa diventare incontrollabile un rottweiler in mano ad un complessato timido, bassino e occhialuto, cani e gatti esercitano una precisa funzione educativa e terapeutica, specie per i bambini, gli anziani, i single. Il conforto dato da una musata affettuosa o da un micio ronfante sulle ginocchia funziona molto meglio del falso nirvana dato da venti gocce di Valium.
Per il loro bene, ma anche per il nostro, è necessario vaccinarli, sverminarli e spulciarli: i costi farmaceutici sono veramente troppo alti. Le tariffe dei veterinari a volte sono un po’ care ma, almeno qui da noi, molti di loro si dedicano con vera abnegazione al loro compito senza guardare più di tanto al guadagno. Se si ha solo un animale in casa, il problema è mediamente affrontabile anche da un pensionato sociale; i guai cominciano per chi ha parecchi amici pelosi salvati dall’abbandono, soccorsi feriti da pirati della strada o da lotte clandestine. Il più delle volte si rende necessario sterilizzarli per non incrementare il numero di cuccioli che è impossibile dare in adozione: un cane o un gatto sterilizzato, tra l’altro, vive meglio senza lo stress dell’istinto riproduttivo, è più tranquillo e non rischia di morire per strada o di ferirsi lottando coi suoi simili. Le campagne di sterilizzazione gratuita fatte dal Servizio Veterinario delle ASL prevedono l’intervento solo per i cani non microchippati, ritenuti per questo senza padrone e dunque randagi. Il microchip è obbligatorio per legge: se il tuo cucciolo meticcio trovatello, ancora troppo giovane per l’intervento, non ce l’ha, rischi una bella multa! Perciò, o paghi la multa o paghi l’intervento: sempre la tasca del cittadino-contribuente è quella che ci rimette.
Quindi, nell’ottica di una corretta profilassi contro l’abbandono e il randagismo sarebbe auspicabile la possibilità di far sterilizzare i propri animali a cura del Servizio Veterinario delle ASL magari pagando un ticket, come pure sarebbe cosa buona far recedere Bayer & Co. dalla politica dei prezzi altissimi per pipette antipulci e vermifughi, questi ultimi molto spesso poco appetibili e di difficile somministrazione.
Insomma, come diceva un grande italiano: Volere è potere. Col buonsenso e la buona volontà, e con la rinuncia più o meno coatta alla corsa al guadagno, si risolverebbero enormi problemi e si vivrebbe meglio tutti, umani e non: a che serve campare più a lungo se la qualità della vita non fa che peggiorare?
LdNP