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SEI POVERO? DEVI MORIRE!

Fra i tanti scandali e le tante sozzure che siamo costretti a subire, ce n’è una particolarmente odiosa: la discriminazione per censo sulla salute.

Negli USA, se non hai un’assicurazione che garantisce il pagamento delle cure, nonostante gli sforzi di Obama per far accettare ad un Congresso a maggioranza repubblicana il principio di equità e solidarietà insito nella riforma della sanità pubblica, ti respingono senza curarti.

In Europa, grazie al cielo, il liberismo non è ancora arrivato a simili vette – nel bene e nel male, più di cent’anni di socialismo a qualcosa saranno pur serviti! – ma da tempo si assiste ad una accelerazione del restringimento nell’erogazione dei servizi di assistenza sanitaria. Vero è che in Italia troppo spesso la Sanità è stata presa a simbolo dello spreco e della ruberia sistematica; vero è anche che, per evitare denunce per mala sanità, molti medici si coprono le spalle prescrivendo analisi cliniche, visite specialistiche ed esami medici, anche molto costosi per il SSN, assai spesso sovrabbondanti quando non totalmente inutili; ma è anche vero che lo Stato, incapace di riformare un sistema sanitario asfittico e farraginoso che annida in questo suo essere il germe della disonestà, scarica sulle spalle dei cittadini il peso economico di una gestione follemente fallimentare.

Spalle? Sarebbe meglio dire “tasche”! Oramai i ticket di certe prestazioni hanno raggiunto i costi delle strutture private dove, peraltro, non esistono i tempi di attesa vergognosi caratteristici della sanità pubblica. In questo modo si genera una concorrenza sleale ai danni di quest’ultima: piuttosto che aspettare sei mesi per una visita specialistica o per un’ecografia, l’utente preferisce pagare qualcosa in più pur di potersi curare prima che sia troppo tardi.

Fortunatamente, nonostante le pastoie burocratiche e sindacali e la cronica mancanza di personale e di posti letto, anche a costo di sacrifici personali, la capacità organizzativa, la competenza e l’etica professionale del personale sanitario in alcuni settori riesce a compiere miracoli. Come per la densitometria ossea all’Ospedale Maggiore di Modica (niente liste d’attesa) o per le analisi mirate per le malattie infettive al Civile di Ragusa (niente prenotazione al CUP e niente attesa). Nella nostra provincia, poi, i servizi di vaccinazione e quelli per la prevenzione dei tumori femminili e del colon funzionano puntualmente, con l’invio di lettere che ricordano la data entro cui fare i controlli.

Prevenire è meglio che curare: è un concetto talmente ovvio che potrebbe essere espresso da Forrest Gump.

Tuttavia, per fare economia, lo Stato prende la scorciatoia di sforbiciare la lista dei farmaci salvavita gratuiti e di ignorare quasi completamente intere branche della medicina – ad esempio l’odontoiatria – e tutti i farmaci e i parafarmaci che possono prevenire tante patologie che, quando diventano più gravi o si cronicizzano, finiscono per gravare pesantemente sul bilancio statale: esenzioni dal ticket per patologie gravi, assegni di accompagnamento, allontanamento di unità produttive dal lavoro.

Sarebbe molto meglio se lo Stato riuscisse a sapersi imporre sulle industrie farmaceutiche in una contrattazione dei prezzi dei farmaci che troppo spesso da noi risultano esosi oltre misura: tutti ricordiamo lo scandalo del costo di certi colliri o quello del latte in polvere. Adesso si è aperta un’altra questione molto grave: da qualche tempo è possibile curare in modo definitivo l’epatite C, eradicando completamente il virus che la genera grazie al sofosbuvir e al simeprevir. Il ciclo di cura con questi farmaci dura molto meno tempo e non presenta pesanti effetti collaterali come la cura tradizionale, spesso inefficace, a base di interferone e ribavirina. Peccato che sia estremamente costosa: ben quarantamila euro! Motivo per cui lo Stato ha stabilito che solo i malati praticamente terminali possono essere curati gratutitamente. Questo tipo di epatite è pericolosa perché contagiosa e asintomatica, a lenta evoluzione e, non curata, porta alla morte per cirrosi o per tumore. Comprendiamo che la ricerca scientifica abbia dei costi anche molto alti, ma la Gilead Sciences, produttrice americana, potrebbe avere un ritorno economico più favorevole se abbassasse in modo consistente il prezzo così da permettere di estendere l’utilizzo del farmaco a diverse centinaia di migliaia di malati. Che si tratti di un prezzo “gonfiato” sembra evidente, dato che all’inizio le trattative tra il produttore e l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) prevedevano un costo di circa settantamila euro: ma è possibile che anche sulla salute della gente debbano vigere le regole di mercato da suk beduino? Contro la Gilead sono già partite azioni legali di cinque paesi dell’America Latina, e l’India l’ha spuntata non riconoscendo il brevetto così da produrre il generico che costa meno di mille euro a ciclo: peccato che possa venderlo solo a 91 paesi in via di sviluppo! Cosa aspetta l’Italia a fare cartello con i Paesi che rivendicano costi equi per i farmaci salvavita? Se i costi fossero abbordabili, potrebbero essere curati tanti giovani malati, risparmiando sui costi di assistenza futura, trapianti di fegato compresi, ed eliminando alla fonte le possibilità di contagio.

Dunque, allo stato attuale, solo chi può pagare si può curare o può prevenire i malanni: la costosa ortodonzia previene malanni posturali alla colonna e disturbi anche gravi alla digestione, alla respirazione nasale e all’udito, e tanti guai circolatori, che possono facilmente arrivare alla flebite o alla trombosi, si possono tenere sotto controllo con integratori come la centella o i flavonoidi vegetali, che però hanno un costo molto elevato. C’è giustizia in tutto questo?

Facendo un salto di genere, che però è coerente col discorso fatto fin qui, la stessa discrasia tra le necessità imprescindibili e i costi elevati per soddisfarle esiste anche in campo veterinario. Chi ha in casa uno o più animali sa quanto costi mantenerli in buona salute. Per lo Stato, avere un amico a quattro zampe è un lusso: ci è mancato poco alla reintroduzione della tassa di possesso – ricordate la medaglietta? – per i cani, da estendere anche ai gatti! Per la pubblicità sono invece soggetti che possono procurare forti guadagni, facendo venire complessi di colpa a chi non li nutre con bocconcini cotti al vapore o con morbidi paté. In realtà, fatta eccezione per gente che acquista cani di gran razza per esibizionismo o per sopperire a deficienze caratteriali proprie e che, in genere, non ha idea di quanto possa soffrire un chow-chow sotto il sole siculo o di quanto possa diventare incontrollabile un rottweiler in mano ad un complessato timido, bassino e occhialuto, cani e gatti esercitano una precisa funzione educativa e terapeutica, specie per i bambini, gli anziani, i single. Il conforto dato da una musata affettuosa o da un micio ronfante sulle ginocchia funziona molto meglio del falso nirvana dato da venti gocce di Valium.

Per il loro bene, ma anche per il nostro, è necessario vaccinarli, sverminarli e spulciarli: i costi farmaceutici sono veramente troppo alti. Le tariffe dei veterinari a volte sono un po’ care ma, almeno qui da noi, molti di loro si dedicano con vera abnegazione al loro compito senza guardare più di tanto al guadagno. Se si ha solo un animale in casa, il problema è mediamente affrontabile anche da un pensionato sociale; i guai cominciano per chi ha parecchi amici pelosi salvati dall’abbandono, soccorsi feriti da pirati della strada o da lotte clandestine. Il più delle volte si rende necessario sterilizzarli per non incrementare il numero di cuccioli che è impossibile dare in adozione: un cane o un gatto sterilizzato, tra l’altro, vive meglio senza lo stress dell’istinto riproduttivo, è più tranquillo e non rischia di morire per strada o di ferirsi lottando coi suoi simili. Le campagne di sterilizzazione gratuita fatte dal Servizio Veterinario delle ASL prevedono l’intervento solo per i cani non microchippati, ritenuti per questo senza padrone e dunque randagi. Il microchip è obbligatorio per legge: se il tuo cucciolo meticcio trovatello, ancora troppo giovane per l’intervento, non ce l’ha, rischi una bella multa! Perciò, o paghi la multa o paghi l’intervento: sempre la tasca del cittadino-contribuente è quella che ci rimette.

Quindi, nell’ottica di una corretta profilassi contro l’abbandono e il randagismo sarebbe auspicabile la possibilità di far sterilizzare i propri animali a cura del Servizio Veterinario delle ASL magari pagando un ticket, come pure sarebbe cosa buona far recedere Bayer & Co. dalla politica dei prezzi altissimi per pipette antipulci e vermifughi, questi ultimi molto spesso poco appetibili e di difficile somministrazione.

Insomma, come diceva un grande italiano: Volere è potere. Col buonsenso e la buona volontà, e con la rinuncia più o meno coatta alla corsa al guadagno, si risolverebbero enormi problemi e si vivrebbe meglio tutti, umani e non: a che serve campare più a lungo se la qualità della vita non fa che peggiorare?

LdNP




La Modica di Enzo Belluardo




LAZY SUNDAY AFTERNOON…

“Pigro pomeriggio di domenica”: così dolcemente cantavano tanti anni fa gli Small Faces in un album dalla splendida coloratissima copertina che si apriva come un quadrifoglio…

In questo pomeriggio festivo di relativo farniente c’è tempo per pensare e farsi qualche domanda sui fatti accaduti a Ferragosto.

Il primo pensiero va a quel povero bambino nato da una madre che, per alienazione mentale o perché succube del partner sadico, si è macchiata di crimini inutili e particolarmente odiosi. Al sentire comune fa orrore il fatto che sia stato sottratto alla mamma appena partorito, su ordine del giudice tutelare dei minori, per essere dichiarato adottabile, e fa veramente rabbia vedere il tira-e-molla giudiziario sul seguito della vicenda. Il Tribunale dei Minori ha avuto parecchi mesi per stabilire cosa potesse essere fatto per il bene di questa sfortunata creatura: l’altalena tra posizioni di estremo rigore e permessi di visita concessi alla spicciolata a madre e nonni, fa capire quanto la giustizia italiana arrivi sempre in ritardo e quanto sia influenzabile dalla morbosa canéa scatenata dai media. Non sapremo mai se avere vicino il figlio e poterlo allattare, sia pure in galera o in comunità, potrebbe aiutare la madre in un percorso di riabilitazione che, peraltro, pare improbabile, oppure se il meno peggio per il piccolo potrebbe essere l’affidamento ai nonni o l’adozione tout-court: di sicuro c’è che, comunque, prima o poi, inevitabilmente ed ingiustamente, questa società farà ricadere sulle spalle innocenti di questa creatura le colpe dei padri.

In seconda battuta arriva il funerale romano del capo di una sterminata famiglia sinti malavitosa e potente. Che a Roma la mafia tradizionale – quella siculo/calabrese/ napoletana, per intenderci – ci sia, è cosa nota da tempo: la si è lasciata fare per lassismo e comodità, in quanto assai meno invasiva del sistema tossicamente mafioso che abbiamo imparato a chiamare “Mafia Capitale”, elaborato da affaristi spietati e da politici collusi e corrotti, di ogni provenienza e di ogni colore. Con costoro, a parte la scelta di vivere disonestamente, la famiglia zingara, proprio per tradizione culturale estremamente chiusa alle infiltrazioni esterne, non ha granché da spartire: la banda che ha suonato le musiche scritte da Rota per il film sulla saga della famiglia di don Vito Corleone all’uscita del feretro dalla chiesa, è stato l’omaggio finale di figli, nipoti, parenti ed affini, per nobilitare l’estinto paragonandolo al Capo dei Capi, seppur soltanto letterario. I veri capi sono altra cosa …

In un vortice di un cattivo gusto assolutamente inusitato, la famiglia ha creduto di onorare le esequie del capo con enormi tazebao appesi sulla facciata della chiesa, dove il defunto appare biancovestito e quasi benedicente come un papa, con un carro funebre simil-barocco trainato da sei cavalli neri impennacchiati che pare uscito da un incubo di una Cenerentola strafatta, con dozzine di corone di fiori e centinaia di auto di extra lusso in corteo innaffiato da petali di rosa: la tradizione zingara esige che le cerimonie importanti siano imponenti e fastose!

L’aspetto veramente scandaloso sta nei permessi di lasciare gli arresti domiciliari concessi in tutta fretta per assistere alle esquie ai parenti detenuti, nell’elicottero che, senza alcun permesso, ha lasciato cadere, bontà sua, solo innocui petali, nell’arrivo a Roma da Napoli della carrozza a cavalli accompagnata alla chiesa da vigili urbani e seguita da una pattuglia di agenti addetti alla rimozione dei profumati lasciti della pariglia, nel corteo non autorizzato che ha paralizzato mezza città: tutto ciò senza che nessuno, ufficialmente, ne sapesse nulla! Caduto dalle nuvole il parroco della chiesa che negò il funerale a Piergiorgio Welby, così come il Commissariato di PS di zona, i vigili urbani e, salendo sempre più su, Questura, Prefettura, Comune, Vescovado, Ministero degli Interni e Quirinale! Sì, perché adesso si è scatenato il solito osceno balletto dello scaricabarile e il consueto vomitoso, urlante, richiedere le dimissioni di tutti. Sbeffeggiati ancora una volta dal mondo intero grazie al web, non ci resta che meditare su come ipotizzare la salvezza di un paese dove un boss della Banda della Magliana ha riposato indisturbato per anni in un sepolcro marmoreo in una chiesa, dove un elicottero o un drone possono tranquillamente lasciar cadere bombe o irrorare gas nervini, dove nessuno è mai responsabile, dove nessuno mai paga o risarcisce.

Mentre la Cina, che non cresce più come prima, getta nel panico le Borse svalutando a ripetizione lo yuan, la Germania “aiuta” la Grecia comprando quattordici aeroporti – il Pireo è già andato! – e Tzipras si dimette. Veniamo a sapere che si può tranquillamente salire sul TGV con un fucile mitragliatore ed altre armi “trovate per caso in un campo in Belgio” e che un vecchio archeologo, studioso conosciuto in tutto il mondo, dopo un’intera vita dedicata alla città di Palmira e colpevole per averne nascosto in luogo sicuro centinaia di reperti di inestimabile valore, al fine di sottrarli alla distruzione sistematica praticata dall’ISIS, è stato da questi barbari rapito, torturato e sgozzato sulla pubblica piazza, con l’orrore finale del cadavere appeso a una colonna!

Ma su tutto, quello che più lascia sgomenti per il senso di totale impotenza nei confronti del fenomeno, è il vedere la massa di profughi accampata senza nessun soccorso nella terra di nessuno tra Grecia e Macedonia, e le dozzine di carrette e di gommoni stracarichi di migranti in mano a schifosi trafficanti, che continuano a sfidare il mare: pur di fuggire dalla propria terra sconvolta dalla fame e dalla guerra, questa gente preferisce correre qualunque rischio e pagare qualunque prezzo, anche con la vita, pur di avere, o di dare ai propri figli, la chance di un futuro.

Davanti a questa tragedia epocale la sola risposta che sappiamo dare è la costruzione di barriere: muri, reticolati, polizia ed eserciti, menzogne e odio razziale.

Vergogna!

Lavinia P.




L’ABBIAMO TUTTI DIMENTICATO!

Abbiamo parlato di Nino Di Rosa su questo giornale nel settembre del 2013, poi lo abbiamo dimenticato tutti!

Nino vive immobilizzato da più di sette anni su una sedia a rotelle a causa di una grave malattia che lo ha colpito nel 2008 agli arti inferiori. Prima della malattia ha lavorato come infermiere specializzato in diversi ospedali (anche a Milano), ma soprattutto, chi non ricorda Nino prestare servizio all’Ospedale Maggiore di Modica, o al pronto soccorso, o all’ufficio vaccinazioni? Tanti lo conoscono, tanti da quando è malato lo cercano e lo aiutano ma tanti lo evitano e lo dimenticano.

Due anni fa, in una nostra intervista, Nino chiedeva solamente di poter arrivare facilmente in farmacia a prendere le medicine con la sua sedia elettronica, o poter andare a fare la spesa, o semplicemente una passeggiata per incontrare gli amici ma, ahimè, non trovava spazio né modo per accedere alle banchine con gli appositi scivoli per disabili: le auto parcheggiate ostruivano quel poco di passaggio che gli sarebbe bastato per uscire di casa, quasi come una persona normale, da non commiserare ma da ammirare.

Nino adesso chiede aiuto, ai politici, agli amici, a chi insomma può fare e deve fare qualcosa per aiutarlo. Già da molti mesi non può più uscire di casa, la sua sedia elettronica lo ha abbandonato a se stesso, si è rotta e per acquistarne una nuova ci vogliono circa 2.000 euro.

Il 16 febbraio di quest’anno, Nino ha fatto il suo primo appello chiedendo aiuto alle istituzioni e (perché ha anche la sua mamma anziana a casa ed è lui che deve correre sulla sua sedia per fare la spesa o per comprare i medicinali) anche sulla sua pagina di Facebook, ai suoi 2015 amici; solo otto hanno accennato a un mi piace, ma sappiamo tutti bene quanto sulla rete tutti siamo bravi ad aiutare un mondo intero amandolo a parole e rimanendo concretamente assenti e indifferenti a chi deve ricevere veramente con un semplice gesto di umanità un poco di amore.

Non servono parole, servono fatti. Nino Di Rosa pochi giorni fa ha scritto ancora sulla sua pagina di Facebook un nuovo appello ai suoi amici politici, religiosi e sedicenti fratelli per la sua sedia elettronica rotta, aggiungendo “sugnu ancora ammienzu na strada”. Leggendolo casualmente, mi sono ricordata di lui e delle sue parole dette tanto tempo fa “sono innamorato pazzo della vita e della mia Modica“. Chissà se l’amerà per sempre la sua Modica…

Mi chiedo: perché gli aiuti umanitari spesso vanno a chi ci sta lontano e non vanno mai a chi vive a due passi da noi?

Forse la tecnologia ci sta così ubriacando da non capire più come si vive nella realtà di una vita sociale per un diversamente abile e come si sogna in un mondo asociale di tanti abili divenuti indifferentemente virtuali.

Sofia Ruta

 




Fabulas (di Sascia Coron)

La principessa e il pescatore

Il Re di Cipro, Amarlic, aveva una figlia di rara bellezza alla quale aveva dato nome Albarosa. Ella era nata quando ormai il sovrano non sperava di avere figlie femmine e la sua nascita gli parve l’alba di nuove gioie; inoltre la bambina aveva le guance di una pelle morbida e rosata che nessuna aveva nel regno. Crescendo, la giovane mostrò anche la sua bontà ed una straordinaria intelligenza.

Quando maturò il tempo di andare in sposa, il padre mandò immagini di Albarosa a tutti i principi che fossero all’altezza delle qualità della figlia. Il Re di Rodi, Eliodoro, inviò un suo ritratto e una rosa di quelle per cui era famoso il suo regno più che per il Colosso. Per età, patrimonio e bellezza, Eliodoro risultò il primo fra tutti i pretendenti ed Albarosa se ne invaghì, anche per i suoi riccioli d’oro e il suo dono profumato.

Eliodoro comunicò ad Amarlic che voleva sposarne la figlia, ma poneva due condizioni: la prima, che arrivasse a Rodi e la seconda che gli riportasse il preziosissimo anello che le inviava. Dopo lunga titubanza, il Re di Cipro armò di tutto punto una nave che conducesse Albarosa al promesso sposo del quale la figlia s’era ormai innamorata.

Fatti tutti i preparativi e le raccomandazioni del caso, finalmente partì la nave. Durante il lungo viaggio Albarosa giocò con l’anello sognando tutto il tempo il giorno del sicuro matrimonio per il quale aveva portato un abito davvero regale.

Giunti in prossimità di Rodi, il comandante si rese conto che Amarlic aveva esagerato. Per celebrare la sua potenza ed impressionare il futuro sposo, aveva messo in mare una nave così grande che non passava sotto le gambe del Colosso. Si dovette mettere in acqua una scialuppa che conducesse la principessa all’agognato sposo.

Sognante per essere così vicina a coronare la sua gioia, privata d’ogni intelligenza dall’amore, Albarosa sporse il braccio dalla barca affinché la carezza delle onde carezzasse il suo sogno. Reso scivoloso dall’acqua il suo dito non seppe trattenere l’anello che cadde in mare. La sua disperazione la colse disarmata e fu improvvisa.

Giunse di fronte al Re imbruttita dal dolore e senza anello, aspettandone il giudizio. Eliodoro ne vide le guance scavate e ingrigite, gli occhi pesti, le labbra esangui, il corpo ingobbito e si chiese come aveva fatto a credere che la principessa fosse bellissima. Le chiese di fargli vedere il dono di nozze e quella gli mostrò l’anulare segnato dall’anello che aveva perso. Eliodoro allora si chiese come avrebbe potuto regnare con lui una donna così sbadata e stupida, e la scacciò.

Albarosa salì sulla nave, per ritornare al padre, con il cuore squassato da una violenta tempesta, così furiosa che persino le acque ne risentirono e cominciarono a ribollire fino a diventare l’uragano che squarciò la nave, mandandola a picco.

Quasi morta, fu raccolta sulla sabbia da un marinaio che aveva visto tanti naufragi e sapeva cosa fare per rianimare gli scampati. Poi la portò a casa dove la affidò alla moglie che la curò per giorni e giorni finché le sue guance non tornarono morbide e rosa. Ripresasi in salute, Albarosa cominciò a ricordare come e perché si trovasse dov’era e i suoi occhi si velarono di pianto e la tristezza le calò nel cuore.

In una capanna vicino alla casa dei due vecchi si era rifugiato un giovane ributtato dal mare sulla spiaggia e soccorso anche lui dal marinaio. Il giovane, per il trauma, aveva perso la memoria e non sapeva più nemmeno il suo nome.

Quando il marinaio lo aveva salvato gli pendeva dal collo una magnifica medaglia dove si leggeva ancora: Re di Creta. Sull’altra faccia della moneta era inciso: Figlio del Re. Nonostante fosse d’oro, il marinaio non aveva pensato nemmeno per un attimo di strappargliela e venderla come ricompensa per le cure offertegli, e non tanto perché fosse generoso, quanto perché era giusto e libero da ogni ingordigia. Non poteva togliere ad un uomo l’unico oggetto che avrebbe potuto pungolare la sua memoria a ricordarsi d’essere chi era.

Presto i due giovani s’incontrarono, rattristatati ambedue, l’una dal ricordare e l’altro dal non ricordare. Albarosa gli disse il suo nome e lui non poté farlo. La povera principessa gli propose di dargli lei un nome e, avendo quello accettato, lo chiamò Elio in onore del Sole che tutti e due di nuovo scaldava, senza sapere quel che si diceva, e forse anche, per un mezzo ricordo dello sposo perduto.

Albarosa cominciò a raccontare ad Elio la sua storia e quello ne fu tanto commosso da giurare alla principessa di trovarle l’anello con il quale avrebbe riguadagnato la corona e il promesso sposo.

Con la sua barca andava a largo e si tuffava per cercare l’anello, ma tornava sempre a mani vuote.

Un giorno di calma piatta invitò Albarosa in barca per assisterlo nelle ricerche perché il cuore gli diceva che avrebbe finalmente ritrovato l’anello. E si tuffò e si tuffò e si tuffò, senza risultato alcuno. Amaramente delusi e sconfortati i due giovani dovettero arrendersi alla cattiva sorte. Poi ebbero fame ed Elio decise di pescare.

Un grosso pesce abboccò all’amo ed Elio cominciò a prepararlo per poterlo mangiare. Quando Elio ne aprì la pancia rimase senza fiato e mostrò ad Albarosa quello che aveva trovato.

Voi tutti penserete che nella pancia del pesce ci fosse l’anello della principessa. E invece no! Nella pancia del pesce c’era un medaglione identico a quello che pendeva dal collo di Elio. Ma, com’era possibile che esistessero due medaglie identiche e per giunta tutte e due d’oro?

Tornati in gran fretta in terra ferma, i due giovani interpellarono il marinaio che li aveva salvati. Il povero vecchio non sapeva svelare il mistero, ma s’impegnò a passar voce. Fu così che si seppe che il Re di Creta aveva perso il figlio in mare senza ritrovarne il corpo. Arrendendosi alla fine ai fatti aveva celebrato il funerale dell’unico figlio adorato donando alle acque quello che rimaneva del tesoro che gli avevano strappato: il medaglione di riconoscimento del figlio. E suo figlio si chiamava Elio.

A queste notizie, ad Elio ritornò la memoria di tutto e tornò a vedere le cose per quello che erano. Vide per la prima volta la bellezza di Albarosa la quale, contagiata dalla felicità del principe, vide per la prima volta la bellezza di Elio. Riacquistata l’uno la memoria, l’altra perse quella dell’infelicità sofferta.

Timidamente si fece strada nel cuore dei due giovani un sentimento reale mai provato prima e quando Elio partì per ricongiungersi al padre, Albarosa lo accompagnò di buon grado per partecipare alle feste in suo onore.

In capo a pochi mesi il Re di Cipro e quello di Creta s’incontrarono per sancire il matrimonio dei loro figli ed Elio ebbe dal padre, da donare alla sposa, un anello con incastonato il diamante più splendente che mai si fosse visto.

Di quelle nozze si favoleggia ancor oggi, tanto furono belle e amate dal popolo intero, festante e commosso per vedere due principi che si univano perché innamorati e non per ragioni di Stato.

Il marinaio e sua moglie presero posto al tavolo degli sposi e vissero a corte per il resto dei loro giorni. Quando Elio divenne Re, lui e la sua regina affidarono al loro salvatore l’educazione morale dei figli perché ne facesse persone libere e giuste.




QUALCOSA DI BUONO STA NASCENDO

Fino a non troppi anni fa chi arrivava a Modica per la prima volta non poteva fare a meno d’incontrare lungo le strade a scorrimento veloce cadaveri di cani e gatti lasciati lì a marcire mentre le automobili, passandoci sopra con indifferenza, ne facevano poltiglia: era il sistema modicano per far pulizia sulle strade. Non era un bello spettacolo!

Gli animali in genere erano considerati alla stregua di oggetti e come tali trattati. Si trattavano bene solo i cani da caccia, ma unicamente per la loro funzionalità e utilità per uccidere altri animali. I bambini istintivamente amano gli animali, perché da loro si sentono capiti molto più che dagli adulti, e questo è normale poiché i bambini sono ancora privi di quegli orpelli idioti che noi adulti ci costruiamo attorno crescendo, cosa che gli animali non fanno (magari perché sono loro più intelligenti di noi?). Anche i bambini però venivano svezzati ben presto da questa loro “debolezza”. C’era ovviamente chi si staccava da questa mentalità e veniva puntualmente deriso. Ma sono stati proprio i bambini, allevati da quella tata a volte benefica e a volte no che si chiama televisione, a salvare quell’istinto infantile e che tanto infantile invero non era. Perché grazie a tata tv hanno imparato tante cose, hanno conosciuto il mondo degli animali che ai loro genitori era oscuro e hanno cominciato a capire che il rispetto non era dovuto solo a quel “bipede implume” che è l’uomo. Poi arrivò internet, quella finestra sul mondo che ci costringe a uscire da una comunità chiusa per vedere cosa succede intorno a noi e, un po’ per non sentirsi diversi (perché la diversità fa sempre tanta paura) e un po’, speriamo, perché si riesce a imparare dagli altri e imparando si cresce, i modicani hanno scoperto che gli animali (almeno i cani e i gatti) soffrono come noi e meritano rispetto e cure.

Eppure fino all’anno scorso i cadaveri di cani e gatti lungo le strade a scorrimento veloce hanno continuato a vedersi, ci è parso dunque qualcosa di straordinario (di meraviglioso!) quanto è accaduto solo pochi giorni fa sulla strada Modica-Pozzallo: un cane è stato investito dal solito pirata della strada che ha continuato indifferente il suo percorso, ma altri automobilisti hanno segnalato il fatto alla polizia, che è intervenuta transennando la zona per proteggerlo in attesa del veterinario. Sappiamo benissimo che il commento di alcuni sarà sarcastico e richiamerà alla memoria le orde di cani inselvatichiti pericolose per le persone e dirà che la polizia dovrebbe pensare a sterminarle per proteggere da loro i cittadini. Lasciateli parlare e compatiteli. Noi ci chiediamo soltanto se queste orde si sarebbero mai formate se in passato avessimo usato quel rispetto per gli esseri viventi che oggi sembra stiamo imparando. Chissà quando diventeremo consapevoli che in questo modo sapremo rispettare anche gli esseri umani con i quali dobbiamo rapportarci, dimenticandoci le invidie, le gelosie, le cattiverie grandi e piccole che ci facciamo l’un l’altro e che ci rendono sempre più poveri, poveri dentro.




Senza parole…




MODIX, IL FESTIVAL DELLA CREATIVITA’ DEI GIOVANI

Dal 21 al 23 agosto, all’Auditorium “N. Ragusa” di Marina di Modica, si è svolta la quinta edizione del Modix, il Festival del Cinema d’animazione e cosplay.

L’evento “Modix” è stato inserito nella rassegna “Estate modicana 2015”. Il Comune, oltre a mettere a disposizione la struttura, ha contribuito all’evento con una piccola sponsorizzazione finanziaria.

Per evitare che lettori di una certa età, o semplicemente ignari del significato del termine, smettano di leggere infastiditi dall’oscurità di significato del termine, chiariamo subito cos’è il “cosplay”. Si tratta di una forma d’arte, cioè di una modalità espressiva artistica in cui l’artista progetta, disegna e realizza tutto l’occorrente per trasformare se stesso in un personaggio dei supereroi moderni. L’artista realizza da sé il costume scegliendo e manipolando materiali e colori idonei, realizza da sé il trucco e tutti gli altri effetti a corollario.

Non è, come potrebbe apparire a prima vista, una carnevalata, un travestimento improvvisato, è piuttosto la realizzazione di una metamorfosi dell’artista nell’eroe prescelto.

Il cosplayer è un professionista che ha effettuato un percorso di studi e di formazione presso un’accademia d’arte, che ha acquisito competenze complesse tali da consentirgli di saper utilizzare e manipolare materiali appropriati alla realizzazione di quella che, noi ignari, potremmo definire una maschera.

La manifestazione, a carattere nazionale, ha coinvolto i cosplayer locali e non solo, invadendo in modo colorato, energico, coinvolgente e allegro Marina di Modica, per l’occasione trasformata in un “altro mondo”. I cosplayer presenti, provenienti da più parti della Sicilia, hanno dato vita ad un vero e proprio “villaggio dei cartoni” in un’atmosfera sensazionale e impregnata di energia e divertimento.

Il vincitore di questa edizione modicana parteciperà alla fiera nazionale che si terrà nella primavera 2016.

Modix, che come generatore di energia e collettore di idee da coagulare ha l’infaticabile “Officina Kreativa”, oltre a divertire ha un altro obiettivo meritevole: quello di valorizzare le eccellenze locali. Fra queste, Paolo Notarnicola che, volendo rimanere nel proprio paese natale, avendo cioè scartato la scelta di emigrare, vive facendo un lavoro che non gli consente di esprimere la sua passione dominante, il fumetto. Il festival gli regala l’opportunità di dirigere la sezione fumetti.

Questa edizione ha visto presenti personalità famose del mondo della fumettistica e del cinema d’animazione, oltre a referenti di eventi “fratelli” al “Modix” provenienti da diverse parti d’Italia. Ospiti d’onore per l’edizione 2015 due cosplayer eccezionali: Leon Chiro & Jessica Misshatred Armanetti.

“Modix” è un evento senza bandiera, frutto di competenze e risorse artistiche esperte nel settore dei grossi eventi d’animazione, dietro le quinte c’è infatti la passione per il proprio lavoro da parte di giovani professionisti che hanno sposato la missione culturale che muove “Progetto Officina Kreativa” e credono nel “fare Rete”.

Il Festival del Cinema d’animazione “Modix”, coerente con le iniziative intraprese dalla Sicilia nei settori dello sviluppo turistico e delle politiche sociali volte al coinvolgimento dei giovani, rientra anche con orgoglio tra i Festival del Cinema siciliani riconosciuti e prestigiosi. Partner progettuali figurano “Sicilia Film Commission”, “F.I.C.C.”, “Sensi contemporanei”, “Direzione Generale per il Cinema”, solo per ricordarne qualcuno.

L’evento per tre giorni ha colorato la località marittima modicana, coinvolgendo tutti i residenti, i turisti, i giovani, gli adulti, i visitatori di tutte le età, con il semplice desiderio di divertirsi e tuffarsi per tre giorni in un mondo festaiolo ricco di colore, musica, ritmo, energia positiva, incontri culturali, spettacoli.

In una carrellata senza discontinuità: Concorso internazionale corti d’animazione, proiezioni, in particolare film d’animazione giapponesi, retrospettive dedicate al cinema, Contest cosplay, mostre di fumetti, giochi di ruolo, incontri culturali, laboratori e attività per i più giovani, spettacoli, sfilate, tornei, contest in spiaggia, performance di arti marziali, manifestazioni parallele, animazione, tornei di “Magic the Gathering”, di WII “Mario Kart”, di “Yu gi oh”, giochi-staffette, campagne di sensibilizzazione e di promozione culturale, Contest di Disegno, 1° Graffiti Contest, Area Espositori (produttori, editori, collezionisti, associazioni, negozi specializzati, ecc.): solo per citare alcune attività di Modix Festival 2015.

Come appare dall’elencazione delle attività, una vera e propria maratona di eventi, nello stile tipico di Officina Kreativa. Particolarmente interessante l’incontro con Paolo Mottura, il più famoso disegnatore italiano di Topolino (Disney).

Sul piano dell’intrattenimento più generale, quest’anno Modix ha ospitato i Parimpampum, che hanno presentato al pubblico il loro nuovo progetto “PJP”.

Il “Modix” è ormai noto come un appuntamento estivo modicano e, quindi, contribuisce a valorizzare il territorio e a far conoscere Modica non solo per il cioccolato o il barocco.

Molti di noi lo ignorano, ma, se fuori territorio si menziona “Modix”, la gente lo collega a Modica e, se si parla di Modica, si richiama il “Modix” accanto agli altri eventi modicani.

Questo tipo di manifestazione, nelle prime edizioni, ha destato qualche diffidenza e qualche contestazione, ma, giunti alla quinta edizione, appare chiaro ai tanti visitatori che è un modo per mettere a confronto col consueto dell’arte il nuovo che emerge, un modo per creare confronto, una finestra che si apre sul mondo giovanile e sulle modalità espressive che non meritano di essere soffocate perché ciò che si cerca di escludere finisce con il degenerare aggressivamente, mentre, se accolto, è portatore di messaggi ed idee utili.

Inoltre, dietro questo mondo di divertimento, confusione, allegra baldoria, ci sta qualcosa che nessuno si aspetterebbe: la solidarietà e la beneficenza.

Dietro tanta vitalità c’è l’attenzione a chi si trova in difficoltà magari per aver perso il lavoro. Bene, il ricavato della vendita all’asta dei disegni dei fumettisti famosi e quant’altro si racimolerà dalle iniziative commerciali collaterali verrà devoluto, tramite l’associazione “Salvuccio Agosta”, partner della rete sapientemente tessuta da “Officina Kreativa”, alle famiglie in difficoltà che l’associazione sostiene psicologicamente e materialmente.

Non solo divertimento comunque, non solo il mondo della fantasia aperto a tutti, non solo cultura artistica, mostre di mosaico (Piero Puglisi), di pittura che ha come soggetto il fumetto (Maria Martina Mannino), ma anche temi di drammatica attualità, infatti la rassegna dei corti apre con un lavoro sul bullismo.

Carmela Giannì




ADRIANA IOZZIA, TALENTO LIRICO MODICANO

Fra i talenti artistici modicani in questi ultimi anni si va facendo via via più brillante la giovanissima soprano Adriana Iozzia. Ne parliamo oggi perché abbiamo avuto occasione di ascoltarla pochi giorni fa in una performance con la banda di Ispica, con la quale si è esibita, insieme al tenore ragusano Dario Adamo, per rendere omaggio allo zio che di questa è stato per molto tempo direttore e alla quale pertanto la lega un sentimento d’affetto.

Il suo legame con la musica inizia con lo studio del violino, ma presto si rende conto che la sua vera passione è il canto, al quale si dedica con impegno, entusiasmo e amore, diplomandosi presso il Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma e laureandosi al “Frescobaldi” di Ferrara, ma quello che crediamo sia stato determinante nella bellissima evoluzione della sua voce sono stati gli insegnamenti di grandi soprani che hanno portato lustro all’Italia in tutto il mondo, quali, tanto per citarne due, Renata Scotto e Mirella Freni. Queste lezioni l’hanno aiutata a impadronirsi della sua arte non solo a livello tecnico ma anche umano, quindi interpretativo. Purtroppo oggi troppo spesso si ascoltano (e si esaltano!) tenori, soprani, baritoni esclusivamente per la potenza e il timbro vocale senza far caso all’interpretazione. Ecco perché il pubblico, pur riconoscendo il valore della tecnica vocale, tende sempre più ad allontanarsi dalla lirica, perché non la sente vicino a sé, l’osserva come un teorema matematico, non se ne fa coinvolgere. Ed è a questo punto che emergono i talenti come Adriana Iozzia, perché lo spettatore non può limitarsi ad ammirare la sua voce, ma se ne lascia trascinare, si fa prendere per mano e accompagnare nei sentimenti e nelle passioni che la narrazione musicata racconta e allora si capisce e si gode quello che fino a un momento prima si considerava soltanto un’espressione musicale arcaica e incomprensibile.

Adriana si è già esibita in parecchi teatri in Italia e all’estero, dove sono state molto apprezzate le sue interpretazioni di Liù nella “Turandot”, Lucia in “Lucia di Lammermoor”, Rosina ne “Il barbiere di Siviglia”, Gilda nel “Rigoletto”, Tebaldo nel “Don Carlo” e Violetta nella “Traviata”. Come si può vedere, ruoli impegnativi e molto difficili, nei quali solo il vero talento sa brillare, e lei a brillato.

La sua prossima meta è Tokyo, dove sarà Pamina nel “Flauto magico”.

Ad maiora, Adriana!

L. Montù




Fisco e previdenza: chiarimenti per il cittadino (a cura di Giovanni Bucchieri)

Iniziamo  con una notizia che non farà piacere ai contribuenti italiani, sempre più rassicurati dal Governo Renzi. Da una recentissima indagine dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre viene fuori che le tasse nazionali in Italia sono tre volte superiori a quelle locali, 379,7 miliardi di euro contro i 106,1 miliardi  (dati anno 2014). Anche le Regioni e i Comuni hanno poco di cui vantarsi: l’aumento dei tributi locali imposti ai cittadini dall’anno 2000 al 2013 è stato ben maggiore dei tagli subiti nei trasferimenti  statali. Dal 2000 ad oggi infatti i trasferimenti statali a beneficio di Regioni ed Enti locali sono passati dai 53 miliardi di euro a 35 miliardi, mentre  le entrate tributarie a  livello locale sono cresciute di 32,6  miliardi. Ancora in tema di tassazione, interessante una denuncia di Giorgio Spaziani Testa, presidente della Confedilizia, il quale  afferma che i dati sulla tassazione degli immobili in Italia sono ancora più gravi di quelli indicati bel rapporto dell’Agenzia delle Entrate. Nel 2014, infatti, la somma di Imu e Tasi ha prodotto circa 25 miliardi di euro di gettito: un miliardo in più rispetto all’Imu del 2012 e 16 miliardi in più rispetto all’Ici del 2011. Quanto al confronto internazionale, basti dire che l’Italia ha una tassazione più che doppia sia rispetto alla media dei paesi europei sia rispetto alla media dei paesi Ocse. Ed ecco che il contribuente italiano non può che soccombere, subire e tacere all’evidenza dei fatti. Continuiamo a parlare di tasse. Gli interessi applicati da Equitalia sono eccessivi. Di conseguenza le cartelle sono troppo onerose. Per questo può anche scattare il reato di usura, Lo prevede la sentenza della Ctp di Salerno che ha accolto le istanze presentate dal contribuente. Nello specifico gli interessi moratori richiesti da Equitalia in seguito al mancato pagamento delle somme indicate nelle cartelle o nelle intimidazioni sono eccessivamente onerosi e possono far scattare il reato di usura. Infatti la Commissione tributaria provinciale di Salerno, sezione VIII, con la sentenza 3353 del 6 luglio scorso ha accolto l’istanza del contribuente che in una nota depositata in giudizio, con relativi calcoli, aveva  denunciato il reato di usura e ha trasmesso gli atti alla procura della Repubblica di Salerno, sezione reati finanziari, affinché adotti i provvedimenti di competenza. Un consiglio da mettere in atto da parte di tutti i  contribuenti quando ricevono delle cartelle esattoriali troppo esose maggiorate da interessi “lunari”.