domenica, 24 Settembre 2023

ALBERI, SUOLO E SOTTOSUOLO: MISTERI E DOGMI

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Dopo il 1950 si sono iniziate le sistemazioni collinari in molte regioni della Sicilia e sono state introdotte delle essenze boschive nuove ed esotiche.

Le scelte fatte sono un mistero, un atto materiale di cattiveria o meglio un modo silenzioso per cancellare la presenza delle nostre piante della Macchia mediterranea e cambiare volto alle nostre campagne. La motivazione tecnica era legata al rapido accrescimento e resistenza alla siccità. Sono nati i vivai della Forestale e il costo delle piantine era irrisorio. Il verde pubblico era rappresentato solo dalle palme canariensi come scelta di cristianità. Nelle ville patrizie invece erano presenti essenze rare e associazioni botaniche scelte con gusto.

Le scuole di avviamento professionale ebbero un ruolo importante nel valorizzare e promuovere il verde pubblico con la Festa dell’albero e si iniziò la piantumazione di piante forestali: pino d’Aleppo, pino da pinoli, eucaliptus, acacie, tuie, cipressi arizonici, cipressi piramidali e cipressi conici. In seguito apparvero i carrubi e qualche pianta della Macchia mediterranea, come le querce, i ginepri e il lentisco, con destinazione mirata.

Le piante forestali cominciarono a creare il verde pubblico, un verde senza pretese, facile, veloce e quasi a costo zero. Si pensò poi di abbellire il Corso Umberto con piante diverse, ma subito se ne decise l’estirpazione, tranne in alcuni punti come il marciapiede del lato Est e su Viale Medaglie d’Oro.

Le superfici collinari rivestite dalle piante forestali poggianti su pochi centimetri di terra cominciarono a presentare vari problemi, col ribaltarsi di alcune piante sulle strade e creare pericolo. Fu ordinato l’abbattimento su una fascia, ma si attuò un progetto di fare bottino di legna da ardere, tagliando gli alberi alla base, senza lasciare un moncone capace di creare una barriera frenante per gli alberi a monte, in caso di caduta.

Questo è il primo segnale di irrazionale manutenzione delle aree rimboschite.

Oggi si presenta l’ultimo atto di cattiveria verso gli alberi di pino di Via Silla, con la motivazione che questi creano pericolo e danneggiamenti ai marciapiedi e alla sede stradale. Ma il fatto più strano è che sono stati eliminati anche gli alberi insistenti sulle aiuole delle Case Popolari, che non manifestavano danni alle strutture pubbliche.

Da una documentazione fotografica si evince che la sede stradale non presenta alcuna alterazione planimetrica. Per quanto concerne i marciapiedi si nota un sollevamento di pochi centimetri in corrispondenza del colletto stretto lasciato attorno alla base del tronco. La motivazione, quindi, non poggia su un motivo concreto, ma fa sospettare, per le passate esperienze, con una promessa di sostituzione delle piante con altre meno invadenti, una macchinazione a beneficio di qualcuno.

Un altro atto di cattiveria e d’insensato criterio di potatura si è manifestato in occasione delle invasioni notturne di passeri sulle piante di ficus.

Si è proceduto a una grossolana capitozzatura, che niente aveva a che vedere con una sagomatura ornamentale, manifestando un cattivo esempio di manutenzione del verde decorativo pubblico.

Questa la breve premessa.

Questi avvenimenti sono causati da mancata conoscenza della biologia vegetale e delle caratteristiche delle varie specie di piante. La grossolanità culturale del cittadino, non educato alla cura del bello e del buono, si è cronicizzata. Ormai domina il culto della guerra, esteso a ogni azione umana, per cui è prevista solo la morte del nemico e non una ricerca di convivenza. Questo comportamento ostile si manifesta, purtroppo anche con una microcattiveria familiare diffusa.

Ormai viviamo in un mondo insensibile, indifferente, poco colto e ricco di tutte le forme di cattiveria.

L’argomento da trattare era: alberi, suolo e sottosuolo, tre illustri sconosciuti a molti cittadini.

Gli alberi, assieme a tutti i vegetali, sono esseri viventi a cui dovremmo dire grazie, perché, senza di essi, la vita non sarebbe stata possibile su questo pianeta. Come tutti gli esseri viventi necessitano di uno spazio vitale da rispettare. Il sistema nutritivo differisce dagli altri esseri per il semplice fatto determinato dalla loro immobilità. Lo spazio vitale principale è determinato dal volume di suolo capace di fornire acqua e minerali per creare, assieme all’anidride carbonica, presa dall’aria, i composti quaternari che formano il loro corpo e quello di tutti gli esseri viventi. Questi stanno alla base della lunga catena alimentare presente su questa terra.

I consumi di acqua sono notevoli specialmente nei climi caldi. Un albero, di medie dimensioni, in estate deve disporre da cento a duecento litri d’acqua al giorno e questa deve essere reperita nel suolo in cui le radici si sono diffuse. La dimensione radicale dipende dalla morfologia del suolo e del sottosuolo. Nel nostro caso – terreni dell’altipiano modicano – il suolo, dello spessore di poche diecine di centimetri di profondità, poggia su una crosta calcarea impenetrabile. Questa condizione porta le radici di qualsiasi pianta a percorrere lunghissimi itinerari in superficie, fino a completare le strutture assimilanti necessarie alla sua esistenza. I volumi del nostro terreno si estendono in superficie e non in profondità.

Le piante a radice chiamata fittonante, possono veder rispettate le loro caratteristiche solo nei terreni alluvionali con struttura omogenea fino a sufficiente profondità, ma nei suoli giacenti su roccia affiorante, sono costrette a serpeggiare in superficie fino ad affiorare e scomparire nella ricerca di nutrienti.

La non conoscenza della consistenza del suolo e del sottosuolo crea le condizioni di affioramento delle radici con i problemi creati alle strutture murarie cittadine.

Per un impianto di alberi di alto fusto, cioè che possono superare i dieci metri di altezza, bisogna creare una zolla di terra di almeno otto metri cubi per pianta e questo con lo scavo della roccia e il riempimento in terra.

L’albero sarà sempre carcerato, ma darà meno problemi.

A ciò si aggiunge la mancata fornitura dei nutrienti, acqua, sostanze minerali e sostanza organica, cioè il letame. La sostanza organica attiva ha la funzione di riequilibrare gli ecosistemi terricoli, che in natura si attuano con la caduta delle foglie. Ma l’uomo di città ignora la funzione delle foglie, carcerando le piante sotto i marciapiedi. Le foglie, naturalmente, cadono per dare ai conviventi radicali un alimento alternativo, per lasciare in pace le loro radici. E’ un modo di convivere con i parassiti e i simbionti. Le piante quindi vivono in uno stato di miseria. Rubare per uno stato di necessità, non è reato, ma alle piante non è perdonato niente. Fanno eccezione i pupilli dei vivaisti, nobilitati e venduti a caro prezzo.

Sarei lieto conoscere le piante, con radici educate, consigliate per il reimpianto, come pure le opere di risanamento della zolla di terra che le ospiterà, nella certezza della presenza di radici di piante resinose come i pini, in disfacimento.

Le piante di pino di Via Silla in cinquanta anni di vita hanno determinato solo il sollevamento dei marciapiedi di pochi centimetri, mentre non si notano escrescenze sul manto stradale, come è constatabile dalle foto allegate. Non si spiega quindi la drastica e misteriosa soluzione, se non con un atto di cattiveria connaturato nel costume del cittadino di una città desertificata.

Abel

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