domenica, 24 Settembre 2023

VANELLE NUMERATE UNO STRAVOLGIMENTO DELL’IDENTITÀ UNA CANCELLAZIONE DELLA MEMORIA

image_pdfimage_print

Non sappiamo quale genio abbia ispirato la commissione toponomastica o il funzionario comunale che pensò di ordinare lo stradario rurale indicando con numeri le varie vanelle.

Questo o questi signori, forse erano talmente innamorati di Pitagora che vollero rendergli omaggio con una sorta di parafrasi alla “tavola pitagorica”; oppure erano srdadicati dal territorio e, non conoscendo il nome originale che le contraddistingueva, e, non volendo percorrere il territorio per cercare informazioni sui nomi esistenti (lavorare stanca), pensarono bene di facilitarsi il compito ricorrendo ai numeri.

L’idea, qualunque sia la ragione che l’ha ispirata è quantomeno arbitraria, certo è originale, non so se esistano altri comuni d’Italia che abbiano adottato tale criterio toponomastico.

Questo criterio neutro, asettico, assolutamente slegato dalla denominazione delle contrade, avulso dalla memoria e dall’identità del territorio assai presente ancora oggi pur nel susseguirsi delle generazioni, oltre che anomalo è disorientante perché sostituisce ad un nome un numero (roba carceraria) cioè cambia codice, passa dall’identificazione all’elenco, dalla identità denominativa alla redazione di un indice dei capitoli.

Questa individuazione numerica forse può risultare utile ad un ufficio di manutenzione, ma disorienta chi deve individuarle per raggiungerle, non si capisce la coordinata cui riferirsi, non indica la zona, non c’è riferimento a niente, proprio perché il codice è avulso dalla realtà territoriale fatta innanzitutto di contrade, ma anche di confinamenti, di adiacenze ad arterie intercomunali, provinciali, statali, tutti elementi che guidano ed orientano.

All’inizio l’adozione di questo criterio, che non è mai attecchito presso gli abitanti del territorio, ha creato non pochi problemi nel recapito della posta e nell’individuazione di aziende produttive sparse nel territorio a cui consegnare merce o da cui ritirarla. Oggi per via degli strumenti computerizzati ormai presenti in quasi tutti i mezzi di trasporto questo problema è ridotto di portata, ma rimane quello dell’estraneità memoriale, quello dell’avulsità territoriale, insomma è disorientante psicologicamente perché sradicato dal contesto.

Le vanelle naturalmente non sono un’invenzione moderna, sono sempre esistite e ovviamente denominate perché le attività umane, economiche e sociali, lo richiedevano. Il territorio modicano è sempre stato antropizzato, le famiglie legate alle attività agricole, cioè la maggioranza della popolazione, abitava in campagna, nella casa colonica, dove esercitava l’attività.

A differenza dei comuni limitrofi che legavano la campagna al lavoro e a fine giornata il lavoratore rientrava in paese dove dimorava la famiglia, Modica ha sempre avuto una specificità abitativa rurale perché la maggior parte dei contadini, piccoli o grossi, non si limitavano a coltivare la terra, ma esercitavano anche la zootecnia. Questa specificità richiedeva l’impegno di tutta la famiglia e ciò dava al territorio specificità urbanistica, sociale, antropologica e di costume, non dimentichiamo che autorevoli studiosi parlano di “civiltà contadina”.

Le vanelle e la loro denominazione fanno parte intrinseca dello stile di vita dei modicani più che altrove, tutti abitavano le campagne, anche chi non lavorava la terra vi trascorreva le vacanze estive.

La denominazione di queste vanelle formava una sorta di anagrafe con nome e cognome, nel senso che era legata certamente alla contrada, ma a volte vi era innestato il nome di una famiglia importante, altre volte una sorgente, altre ancora un sito archeologico, oppure una leggenda o un mito, in certi casi faceva riferimento alla struttura territoriale, alla composizione organica prevalente del terreno, alla vegetazione primigenia, alla natura/struttura delle rocce, alle cave di scorrimento delle acque, all’altitudine dal mare.

Insomma i nomi registravano una storia, una consuetudine, un senso produttivo, erano uno scrigno di memoria illustrante, orientante, narrante, carica di senso e di suggestioni estetiche, si pensi a Ciarciuri che voleva dire fior di fiore.

Il sistema della numerazione genera estraneità e la generazione degli “anta” non l’ha mai adottata, anche molti giovani, quelli che hanno avuto la fortuna di avere trasmessa memoria dai genitori, fanno riferimento alla vecchia denominazione perché la logica è una categoria psichica.

La o le menti che tutto ciò hanno pensato di ignorare, di cancellare con un colpo di spugna, dovevano essere affette non solo da ignoranza crassa, ma anche da una singolare forma di obnubilamento, una forma di amnesia che li ha resi incapaci di rammemorare il passato e di prefigurare il futuro.

Del danno all’identità e dell’offesa alla memoria di questa denominazione numerica era ben consapevole un cittadino attento e militante, profondo conoscitore del territorio come Nannino Ragusa, che, insieme a due collaboratori (PierGiorgio Barone e Cannata) che gli facevano da autisti e assistenti nella ricognizione territoriale, prepararono e consegnarono all’ufficio urbanistica, alla fine degli anni 80, un elenco di tutte le vanelle denominate coi nomi originali.

Non se n’è fatto mai nulla, piuttosto d’ufficio si è proceduto a installare le tabelle riportanti il numero, dove la vanella 11 non si trova prossima alla 13 che può trovarsi in zona opposta territorialmente, insomma un sistema, come su detto, privo di coordinate. Se ne deduce che la politica non ha mai considerato il problema della perdita di memoria, dell’oblio di tradizione, salvo poi, quando è il momento della propaganda, a nominare il rilancio del territorio, come se questo potesse farsi con la fionda.

Oggi che si è finalmente capito che anche il territorio paesaggistico agreste può arricchire la proposta turistica, cosa testimoniata dal successo dei numerosi alberghi e agriturismi sparsi nelle varie contrade, sarebbe ora che la politica intervenisse, sarebbe ora di ripescare la proposta di Nannino Ragusa che giace muta sotto la polvere. Da quel lavoro certosino, un prezioso scrigno della memoria, emergerebbe materiale utile per le varie guide che accompagnano i turisti nelle escursioni.

Ci auguriamo che il Sindaco Abbate dia presto precise disposizioni in tal senso, i tempi sono maturi, la politica di marketing si aggancia alla cultura e alla memoria, fa riferimento alle radici per fare germogliare rigogliose fronde.

Non si perda più tempo, si agisca presto prima che il nulla che sottende la numerazione crei vuoto anche nelle menti delle generazioni attuali e future.

Carmela Giannì

 

Condividi