L’Ente Liceo Convitto di Modica, attualmente rappresentato dalla Presidente prof. Teresa Floridia, organizza ogni anno un ciclo di conferenze con autori di filosofia. Si tratta di percorsi-conversazioni con gli autori, su temi specifici.
L’iniziativa è giunta alla sua terza edizione. Nella prima tappa dell’attuale ciclo in calendario, venerdì 17/11, è stato trattato un tema quanto mai attuale, “la solitudine di internet” trattato dal prof. Alberto Buso.
Con mia grande sorpresa ho constatato una sala gremita di attenti ascoltatori, ma questo non sorprende, sia per il tema trattato, sia per il fatto che confrontarsi con la filosofia è sempre un’occasione da cogliere.
Quello che invece mi ha felicemente sorpreso è stata la presenza di tanti giovani. Sicuramente liceali allievi della presidente, forse timorosi del fatto che, se non colgono le occasioni consigliate dalla prof., potrebbero ricevere un giudizio negativo. Forse, ma, comunque sia, erano presenti e la cosa non può che avergli fatto bene, bene perché l’obiettivo della conferenza era quello di far crescere lo spirito critico sull’uso delle piattaforme più diffuse (Fb, Whatsapp).
Il professore Buso ha subito precisato la sua posizione rispetto a queste piattaforme, ha detto di non amarle per niente e ha spiegato perché: intanto perché non vuole essere derubato del proprio pensiero e delle proprie immagini.
Ha spiegato una cosa nota, ma ricordarla e sottolinearla non è mai superfluo: ciò che affidiamo a queste piattaforme diventa patrimonio del proprietario della piattaforma, non solo, ma rimane lì per sempre e può servire ad usi che non sappiamo, e, ancora, questo materiale, il nostro, di tanto in tanto ci viene riproposto, Facebook ci ricorda che siamo importanti, che ci tiene a mente e ci ricorda, mostrando ciò che abbiamo postato o condiviso.
Ci ripropone il nostro materiale a distanza di un anno, di due, di tre. Ci viene riproposto come ricordo (un anno fa in questa data, due anni ecc.) togliendoci in questo modo la possibilità dell’oblio che è condizione essenziale per la sanità mentale e per la proiezione sul futuro.
Il passato che ritorna ci inchioda, ci trattiene nell’ieri sia esso piacevole o spiacevole, ci fa fare passi indietro, ci aliena energie dalla proiezione nel futuro togliendoci la leggerezza e la libertà di dimenticare che è il presupposto igienico del funzionamento della mente umana. Tale richiamo è una sorta di scivolamento all’indietro tipico di certe posizioni psico-patologiche.
Con grande chiarezza il relatore ha consigliato l’astensione dall’uso e dalla frequentazione, lui ne è fuori, ma sapendo, con questo richiamo, di seminare al vento, si è assunto la responsabilità che è tipica della filosofia: dire il vero, illustrare la realtà in modo da frequentarli con spirito critico.
Consapevole lui, come credo anche noi, che viviamo nella società dello spettacolo, cioè in quella che semplifica la realtà, ha precisato come questi mezzi fanno accrescere la nostra creduloneria, perché, essendo l’essere umano educato ad una conversazione diretta implicante la fisicità, comunicazione che svela il vero a prescindere dalla parola, la comunicazione virtuale che prescinde dalla fisicità ci induce in errore, così si finisce col prendere per buono ciò che l’interlocutore vuole farci credere che sia tale.
Cadiamo insomma facilmente nella manipolazione, si spiega così il successo di certe notizie prive di fondamento create ad arte da qualcuno che vuole alimentare la visceralità o trasportarci sulla sua posizione viscerale.
La comunicazione mediata, priva della fisicità ci consente inoltre di fare più cose in contemporanea, l’interlocutore non ci guarda e quindi possiamo volgere lo sguardo ad altro, impegnarci in un’azione di movimento, insomma la nostra attenzione viene distolta, si sbriciola, e piuttosto di andare in profondità delle questioni rimaniamo alla superficie delle cose. Lo richiede la velocità, lo implica la brevità dei messaggi, lo determina il mezzo in sé, un messaggio non può contenere la riflessione, diventerebbe troppo lungo, l’interlocutore non lo leggerebbe.
Le conseguenze sono evidenti: sintesi e superficialità! Sentenze piuttosto che argomentazioni, si rimane sul facile, sull’apparente. La comunicazione umana viene mutilata e distorta e le facoltà dialettiche mutilate, tutto si impoverisce.
Poiché nessuno disconosce l’utilità pratica di questi mezzi, bisognerebbe almeno essere consapevoli di ciò che ci danno e di ciò che ci sottraggono, bisognerebbe non totalizzare, bisognerebbe utilizzarli come mezzo per accorciare i tempi della praticità quotidiana e non prenderli come sostitutivi della relazione interpersonale.
Bisognerebbe non dimenticare che la relazione ha bisogno della fisicità, ha bisogno della presenza del corpo e dell’attivazione di tutti i sensi, ha bisogno della vicinanza corporea, dell’incontro diretto, ha bisogno della totalità della presenza, del luogo visibile, e soprattutto, del tempo condiviso, il tempo lento, quello della presenza totale, altrimenti è rappresentazione, finzione!
Bisognerebbe utilizzare questi mezzi con la consapevolezza che si tratta di una straordinaria innovazione e non viverli come una rivoluzione.
La rivoluzione cambia le condizioni di vita dell’essere, queste invenzioni piuttosto ci hanno asservito alla ricchezza altrui, quella del proprietario della rete. Il geniale inventore della rete ci ha colonizzato rubandoci perfino l’intelletto e l’immaginario, insomma l’anima, perché con la nostra inconsapevolezza su ciò di cui dipendiamo a guisa di droga, di ciò di cui veniamo deprivati in termini di facoltà elaborative e comunicative, li utilizziamo essendone entusiasti e acritici, ci sembrano un regalo mandato dal cielo senza valutare che ne siamo schiavi e servi verso un padrone.
Insomma la “criticità” con cui ci concediamo all’uso di questi strumenti, senza considerare che non possono essere sostitutivi ma solo parzialmente strumentali, fa di ciascuno di noi un servo che soggiace al potere del capitalismo sempre più pervasivo, sempre più alienante, sempre più oppio malefico.
Dovremmo sapere e riflettere sul fatto che l’obiettivo di chi li ha messi a disposizione nostra, apparentemente gratis, è quello di distanziarci, di renderci innocui, è quello della sterilizzazione degli affetti della etero direzione esistenziale. Insomma è l’attuazione dell’ALGOGRAZIA!
Se non attiviamo lo spirito critico finiremo col perdere quei segnali di orientamento che sono alla base della conservazione della specie, i segnali dei sensi vigili sono quelli che scongiurano l’estinzione e per questo c’è bisogno della fisicità presente, del corpo nella sua totalità d’attenzione attivata, un corpo che si misura con l’altro con tutte le sue facoltà e potenzialità.
E’ più difficile, certo, ma è la sola condizione per resistere, il facile è perdizione, il facile non è lungimirante, il facile annienta la prodigiosa complessità che ogni essere ha scritta nella propria psiche. In altri termini: non consegniamoci ad un potere invisibile a braccia aperte e col sorriso ebete stampato in faccia, ricordiamoci chi siamo, ricordiamoci di Dante Alighieri…. “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtude e conoscenza”. Appunto, Virtude e Conoscenza!
Carmela Giannì