venerdì, 24 Marzo 2023

RELIGIONE O SPETTACOLO?

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La chiesa cattolica, in Italia (non so in altri paesi), qui dove viviamo noi, in provincia di Ragusa, non può fare a meno di fare e dare spettacolo. Mi correggo: non la Chiesa cattolica, ma le comunità locali parrocchiali e paesane. La Chiesa cattolica solo in quanto non interviene a correggere, a indirizzare, a educare all’autentico sentire religioso. Non ne può fare a meno, pena la sua fine. Tutta l’impalcatura gerarchica con il suo cerimoniale e rituale palinsesto non avrebbe più senso e ragione d’esistere. Che poi sarebbe, credo, la vera ragione per cui il sinedrio chiese a Pilato di crocifiggere l’uomo reo di dire “non essere il suo regno di questo mondo”.

Le principali feste religiose cattoliche Natale e Pasqua non si sottraggono alla spettacolarizzazione di massa, anzi ne sono le principali occasioni. Natale con il presepe vivente, da alcuni decenni, ci dà puntualmente appuntamento in alcuni paesi della nostra provincia con lo spettacolo della natività, con il bue e l’asinello, Giuseppe e Maria con contorno di qualche pastore e qualche angelo a fare “rivivere” (si dice così) l’evento annuale e rituale della nascita del bambinello Gesù a Bethlemme, in una grotta di nuda, umida e fredda roccia, o in mancanza, in una stalla o in un dammusoa piano terreno, basso e con qualche ragnatela nel soffitto e nelle pareti che ci dia l’impressione di una stalla. La gente accorre dalle città e dai paesi vicini, fa il giro dei vari laboratori e botteghe che vogliono rievocare il tempo che fu, di cui non abbiamo nessuna nostalgia ma che fanno atmosfera popolare della semplice vita di quartiere paesano. Lo scopo è quello di spendere qualche soldo da parte delle amministrazioni comunali, con compiacenze di utili tornaconti politici e non e, forse, delle associazioni commerciali per vendere prodotti “fatti in casa”.  Qualche cornamusa fa sentire il suo lamento, qualche martello batte su un’incudine, qualche deschetto ci dà l’immagine del ciabattino, qualche calderone ci dà l’idea del ricottaro, qualche pezzo di corda quella del cordaro ecc., qualche quartaraquella del “lantinnaro”.

Passa Natale e aspettiamo Pasqua.

La via crucis romana è la rappresentazione sacra, nazionale e internazionale, grazie alla TV. Le TV esaltano la sacra rappresentazione, la figura del pontefice ne fa un momento eccezionale. La chiesa dà l’esempio e le parrocchie delle varie chiese di paese danno anch’esse spettacolo mettendo su un palco una croce da cui pende la sagoma di un uomo crocefisso lacero e sanguinoso con in testa una corona di spine e attorno ai lombi un lenzuolino. Ai piedi una figura di donna velata stretta nel suo abito nero e un soldato romano con la lancia che prova a trafiggere al petto il “pendu”.

A questi spettacoli di piazza si riduce tutta la religiosità dei tantissimi credenti, in chi e in che cosa? Non lo sanno neppure loro.

L’evento di ogni annuale rito religioso dovrebbe essere un momento di interiorizzazione, di commosso sentimento religioso che insegni al credente a meditare tutta la nostra finitezza e pochezza umana di fronte al mistero dell’ignoto, dell’infinito tempo e spazio, a farci sentire in comunione con il prossimo ed invece è ridotto sempre più a intrattenimento, a spettacolo, a farsa. Il mezzo televisivo incoraggia la spettacolarizzazione. Abituati alla televisione, se non vediamo qualche sceneggiato, non ci pare vero che possa essere Natale o che ricorra Pasqua. Manca poco che Natale sia fatto consistere e confuso con le pile di panettoni e pandoro nei supermercati alimentari e Pasqua con le colombe e le uova di cioccolato.  I bambini ne sono persuasi. A noi adulti ci resta solo da scegliere se acquistare un panettone o un pandoro; se un uovo di cioccolato fondente o al latte.

V.

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