Ho conosciuto Luca Scivoletto perché mio alunno al Liceo e ne ho intuito i guizzi di genialità, confermati poi dal suo percorso in ambito artistico come regista, sceneggiatore e documentarista premiato col Nastro d’Argento. Il tassello della scrittura lo ha aggiunto adesso con “I Pionieri”, il suo primo romanzo, presentato a Palazzo Grimaldi il 20 pomeriggio grazie anche alla Scuola di Formazione politica “Virgilio Failla”. La presentazione è stata animata dal “passo a due” di Luca insieme a Claudio Fava, un dialogo brillante nel sintetizzare le spinte sociali, le istanze politiche degli anni in cui è ambientata la narrazione, ed stata inoltre resa vivace dalle letture di Andrea Tidona in stato di grazia.
Il Bildungsroman di Luca ha per protagonista Enrico Belfiore, dodicenne che si affaccia alla vita in una famiglia engagé, tra le debordanti passioni politiche del padre preso da improrogabili impegni istituzionali e di partito, “senza orari e senza regole” e la sua assenza emozionale per il figlio. La felice scrittura di Luca sintetizza con questa lettura “di sbieco” un mondo che in molti abbiamo conosciuto e attraversato nel nostro altro ieri.
Partendo da questa premessa, Luca e Claudio hanno fatto gli onori di casa invitando gli ascoltatori a entrare nel “Paesone”, il luogo-non luogo della vicenda facendo conoscere il modo originale con cui il protagonista osserva gli altri e si difende dalle spossanti riunioni di partito cui si trova suo malgrado: stanco di ascoltare le persone, concentra l’attenzione sulle scarpe che parlano (immagina lui).
Basta questo per capire il malessere e lo smarrimento di un preadolescente che comincia a sentire l’ingombrante presenza paterna e avverte la necessità di disfarsene mentre sullo sfondo si agitano cambiamenti epocali che fanno tremare le certezze del mondo fino ad allora conosciuto, dalla caduta del muro di Berlino al declino dell’ideologia comunista all’ansia di ribellione di giovani, quasi “pionieri” in cerca di altri porti, di altri innamoramenti.
Un romanzo scoperta, ironico e divertente ma profondamente serio, se vivere e crescere continuano ad essere una cosa molto seria.
Un mio caro amico, Ignazio Monteleone, alla fine della presentazione mi ha offerto una chiave di lettura molto illuminante, come è solito fare quasi scherzando. Eccola: Roland Barthes, nel suo libro “La camera chiara”, sostiene che in una fotografia ci sono due possibili letture, lo “Studium” e il “Punctum”. Il primo sintetizza la lettura razionale dell’immagine, col secondo si “scopre” un elemento sconosciuto agli occhi della ragione. Bene, se le grandi sintesi storiche degli anni ‘80 e ‘90 rappresentano lo “Studium”, si può affermare che il romanzo di Luca Scivoletto possa essere definito il perfetto “Punctum” barthesiano.
Marisa Scopello