Addii, arrivi e ritorni in questo febbraio carnevalesco: l’addio di Giuseppe Conte, l’arrivo di Mario Draghi e i ritorni di tanti che speravamo di aver dismesso per sempre. Una sorpresa poco gradita ritrovare quel Brunetta, quella Carfagna e quella Gelmini pronti a riattraversare il tunnel dei neutrini che aveva allietato le cronache del governo Berlusconi, tirati fuori dal freezer in cui si sperava fossero ibernati fino all’infinito. Potenza dei giochi a tavolino della spartizione del potere e… voilà, Draghi scende vertiginosamente nel pallottoliere dell’audience; quelli che avevano salutato con giubilo la crisi del governo Conte cominciano a ricredersi, a dire che era meglio lui, il Peppi che ha dovuto misurarsi con la pandemia, il lockdown, le regioni giallo-rosse (non nel senso di romaniste).
Sarà che la politica dei partiti, o pseudo tali, fa nascere sospetti degni della frase che Virgilio, nell’Eneide, fa dire a Laocoonte di fronte al famigerato cavallo, “temo i Greci anche quando portano doni”, sarà che di schiaffoni ne abbiamo preso tanti, ma questa è la realtà. Draghi ha parlato della necessità di mettere al centro le prossime generazioni e si è chiesto se si stia facendo per loro ciò che nel dopoguerra si è fatto per la democrazia e il benessere sociale. Ottimo, ma lo farà con chi? Con i ministri citati all’inizio? Possiamo solo fargli, e farci, gli auguri.
Cambiano nomi, facce e situazioni non solo nel panorama nazionale, anche nel Comune di Modica; ma qui la cosa è diversa, perché nel pantano limaccioso dell’Abbate bis (senza applausi, per favore), nel silenzio indifferente della città ancora imbrigliata nelle chiusure di bar e ristoranti, e da sempre alquanto restia a un pensiero critico capace di interrogarsi sullo “status quo” che paralizza oltremisura vita culturale e ripresa economica, una cosa è successa: le dimissioni di Salvatore Poidomani, consigliere dell’opposizione. In realtà, è passata come una delle tante notizie di cronaca locale. Solo poche e sporadiche voci hanno provato a chiedersene il motivo tra qualche battuta sui suoi tre anni di opposizione disarmata a fronte del bellicoso programma iniziale che prometteva crociate e guerre sante. Al di là del risultato poco lusinghiero, ci si potrebbe chiedere perché: incapacità personale a scalfire la granitica maggioranza abbatiana nonostante le innumerevoli denunce, oppure connivenze tra politica e magistratura, l’assenza di strumenti democratici opportuni a rendere tutti i cittadini partecipi delle sedute consiliari in diretta streaming (non sono state consentite e si è continuato a votare a comando, secondo quello che faceva comodo ai soliti noti)? Si chiedano i modicani se vogliono continuare a navigare a vista, a vivacchiare alla meno peggio fingendo la carica vitale che fu.
È forse blasfemo mettere accanto la Grande Politica Nazionale e quella comunale, piccola e periferica, perciò chiedo venia ai Pensatori (che sono tanti), paludati di dotte disquisizioni, però le accomunano certi tratti: l’apparente dinamismo che si traduce in un immobilismo cadaverico da “spoglia immemore”.
Marisa Scopello