venerdì, 24 Marzo 2023

A tavola con gli Dei (a cura di Marisa Scopello)

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Nell’alba del terzo giorno si distinguono monti immersi nella foschia azzurrognola appena rischiarata dall’incerto lucore del sole. Kabi mi dice che ci stiamo avvicinando alla Tetrapolis, una grande città costruita in quattro quartieri da Antioco: “Si chiama Antiochia, si estende lungo le sponde del fiume Oronte e sull’isola posta al centro del fiume, collegata da ponti lignei. Ci sono spesso terremoti che mettono a rischio la stabilità dei suoi monumenti. Il caldo oggi sarà intenso come fa presagire la foschia che assorbe la luce nascente.”
Non posso non pensare alla bella immagine dantesca de “la concubina di Titone antico” che “s’imbianca al balco d’Oriente”: Sembra proprio che Eos si stia dando in viso la biacca affacciandosi al balcone del monte Silpio. Siamo in Siria, l’antica terra di Assiri e Fenici, terra di conflitti da tempo immemore, di contraddizioni religiose e brame egemoniche, politeismo e monoteismo. Qui convivono greci e giudei con i loro templi e le loro sinagoghe. Qui giungono le carovane che da Palmyra, la Sposa del deserto, portano mercanzie verso Roma e l’Occidente.
La navigazione per mare cede il posto alle barche dal fondo piatto per raggiungere la città attraverso il fiume. Vedo l’Acropoli al di sopra delle possenti mura di difesa in arenaria gialla. Entriamo in città e cerchiamo un posto per pranzare. Molte cose saranno simili a Creta e ad Alessandria perché il mare, che sembra dividere, in realtà unisce uomini e consuetudini. Infatti nel portico scelto da Kabi vedo il tannur per la cottura del pane e gli spiedi di agnello sfrigolare nel braciere. C’è però molto altro: l’hummus (crema di ceci e sesamo, le polpettine di fave secche simili ai falafel; soprattutto il riso, tanto riso finalmente, cotto col montone, yogurt e tante spezie. Altra sorpresa: da bere c’è il the aromatizzato con la menta, e mi sento a casa.
“Devi assaggiare un’altra bevanda che si trova solo qui; è scura, aromatica ed energetica. Viene fatta con grossi semi scuri tostati e macinati finissimi. Mi pare si chiami kawa.”
“Oh, ma è il caffè! Lo conosco molto bene.”
E scopro che mi è mancato molto durante le precedenti tappe del mio viaggio.
Mentre prendo il secondo caffè penso alla storia di questa città e del territorio circostante: guerre di religione, cupidigia dei popoli dominanti. Il risultato è che a farne le spese è sempre la gente comune, i più deboli, quelli che tentano di sopravvivere ad ogni avversità tra macerie polverose e assordanti deflagrazioni, le insignificanti formiche testarde in continuo viavai.
In questo momento Antiochia è una città della Siria con l’apparente pace tra l’identità giudaica ed ellenistica, poi altri popoli e altre culture si stratificheranno cambiandone i connotati come è giusto che sia nella storia fino alle rovine silenziose senza voci umane. Con questa consapevolezza guardo l’acqua dell’Oronte che scorre verso il mare, una metafora del “panta rei” di lingue, scritture, etnie di tutti i luoghi del nostro pianeta, qui in modo quasi parossistico. Sarà stato il caffè a suscitare questa riflessione? Forse sì, forse no. Mentre il giorno finisce mi avvio con Kabi verso la barca che ci riporta al mare.

 

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