venerdì, 24 Marzo 2023

SANITÀ. DISCESA AGLI INFERI

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Quando, anni fa, si cominciò a parlare di privatizzare la sanità, pur provenendo la proposta dalla destra, anche molte persone che non avevano mai condiviso quella posizione pensarono potesse trattarsi di un’idea sensata. Ingenuamente credevano che, se l’imprenditore privato faceva crescere la propria azienda sia nel fatturato che nei risultati, avrebbe saputo farlo anche nel settore della sanità che avrebbe dovuto occuparsi di tutti noi. Se un Berlusconi, si pensava, è riuscito a fare del Milan una stella di prima grandezza, qualcuno come lui riuscirà a fare altrettanto per la nostra salute. Che coglioni siamo stati! Già, perché le Aziende, trovandosi ad essere sovvenzionate dallo Stato che, per dirla in modo spiccio, aveva trasmesso loro la scelta della gestione ma era, in ogni caso, responsabile per garantire ai cittadini quel diritto alla salute che, si dice, in Italia dovrebbe esistere ancora, pensarono bene di trarre dalla situazione il massimo del profitto trascurando necessariamente altre cose pur di fondamentale importanza.

Si verificò una situazione strana: da un lato ci furono delle Aziende che cercarono di mantenere un certo decoro e in gran parte ci riuscirono, anche se, all’interno delle stesse, alcune strutture brillavano per modernità, servizi, attrezzature, mentre altre stentavano a prestare il servizio che sarebbe stato loro richiesto. Si trattava, ovviamente, di aziende situate in regioni ricche e, più di altre, sotto gli occhi dell’opinione pubblica italiana e straniera. In altre zone della Penisola (e, ci dispiace dirlo, dobbiamo riferirci soprattutto al Sud) prevalse il concetto del dove posso arraffare arraffo, del resto chi se ne frega. Se poi capitava che qualcuno, stranamente coscienzioso, riusciva a rendere l’Azienda che gestiva più ricca e al contempo più efficiente, allora si scatenava regolarmente l’invidia di qualcun altro che riusciva ad allontanarlo dalla sua posizione, per lo più con accuse false di qualcosa di infamante o giù di lì. Una prassi tutta italiana!

Ecco dunque che si cominciarono a vedere ospedali strutturalmente ben attrezzati per l’epoca in cui erano stati costruiti sbriciolarsi e degradarsi sotto gli occhi di medici e pazienti. Ecco dunque i medici, quelli bravi, quelli dediti con passione al proprio lavoro, quelli che, in un modo o nell’altro, s’impegnano davvero per curare al meglio i pazienti loro affidati, arrabattarsi tra mille difficoltà riuscendo anche ad ottenere il risultato desiderato. Di questi medici in Italia ce ne sono tanti, l’abbiamo visto con chiarezza durante questa pandemia nella quale hanno dato veramente tutto e anche di più di quel che era loro possibile, perché gli italiani sono strana gente, capace di sacrifici ai limiti dell’eroismo come anche di sputar fuori l’egocentrismo più crudele e pericoloso. No, non conosciamo mezze misure noi!

Per esser concreti, a titolo d’esempio, possiamo citare una struttura nata tanti anni fa e che ancor oggi ottiene ottimi risultati grazie alle capacità dei medici che vi operano, solo che ne è stata aperta con forte suono di grancassa un’altra nella stessa zona dotata, ovviamente, di attrezzature più moderne ed efficienti, però la vecchia struttura è rimasta operante e continua svolgere il suo lavoro esattamente come prima; sempre più faticosamente però, perché, ad esempio, pur dovendo effettuare spesso tac con contrasto, non se lo può permettere perché… nel personale non c’è più l’anestesista che le possa fare. Ridicolo o tragico?

Quanto si è detto a proposito dei medici vale sicuramente anche per gli infermieri, perché per loro la spinta è la stessa: curare i malati.

Tutto questo già registra una situazione sbagliata, perché non può e non deve esistere una categoria che si sacrifica (medici, infermieri) e un’altra che sui suoi sacrifici si arricchisce sempre di più, non almeno da quando si dice che nel mondo occidentale sia stata abolita la schiavitù.

Se questa situazione andava avanti già da anni, l’emergenza Covid l’ha evidenziata in maniera tragica, mandando in campo allo sbaraglio anche medici che avrebbero fatto meglio a restarsene a casa a godersi la pensione e infermieri alle prime armi, spesso pieni di buona volontà ma, non per colpa loro, impreparati. Chi ci rimette, sempre e comunque? Il paziente, ovvio.

I tre pilastri sui quali si fonda una nazione moderna sono la scuola, la giustizia e la sanità. Se questi sono solidi, inevitabilmente questa nazione sarà ricca e potente e la sua voce avrà un grande valore nel mondo. In Italia invece,  per l’avidità di alcuni, sono miseramente crollati da un pezzo come il ponte di Genova, è per questo che, dopo essere stati la culla della civiltà, oggi siamo diventati un paese povero e zimbello di tutti.

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