Appena sistemati, sul vascello sale il nuovo ospite alto, rossiccio di barba e capelli, occhi verdi e un ricco mantello bordato di pelliccia, tiene in braccio un canestro chiuso di canne intrecciate da cui viene un insistente miagolio. Mi si accosta presentandosi:
“Sono Polus, con me c’è la mia gatta persiana Altai Ti dà fastidio se mi siedo vicino a te?”
“Tu e Altai siete i benvenuti. Amo i gatti per cui sono felice della vostra compagnia. Dove l’hai preso?”
“Un mercante di Bisanzio me l’ha donata per cementare la nostra amicizia. Altai ha il pelo grigio perla, lungo e setolo, dovrebbe essere incinta e spero di avviare un commercio di questi bellissimi gatti.”
“Ce lo hai nel sangue! Porti solo Altai oppure hai altre mercanzie da vendere?”
“Vuoi sapere troppo…Ma certo che ho altre cose da vendere.”
Lo guardo e mi metto a fantasticare sul suo nome. È il capostipite della famiglia Polo e antenato del famoso Marco “Emilione”? Perché no? Ma lo schiocco delle vele e il vento sempre più intenso che fa derapare lo scafo mi distolgono dalle fantasie, mi rannicchio nell’angolo più riparato della tenda che ci protegge dalla pioggia diventata scrosciante e sussurro parole senza senso per calmare la gatta.
La Bora fa il suo ingresso sulla scena mentre i marinai si spendono per portare l’imbarcazione sotto costa, al riparo dalla bufera per quanto è possibile. Con gli occhi chiusi richiamo la musica di Rimsky Korsakov: gatta persiana, mercante, viaggio e tempesta, c’è tutto da Sindbad a Sheherazade…
Sarà una lunga notte, senza niente di caldo da bere; per fortuna lo slivovitz riscalda lo stomaco…
“Raccontami qualche tua avventura orientale per ingannare il tempo.”
“Durante questo viaggio, sono arrivato molto più lontano della Battriana, Alessandro Magno può farmi un baffo! Ho visto mercati di spezie colorate del giallo intenso della curcuma, verdi e brune, profumatissime come il garam masala, frutti mai visti, alcuni esternamente coriacei che nascondono all’interno una polpa bianca simile al gusto delle nostre mandorle e un liquido lattiginoso molto rinfrescante, frutti gialli oblunghi che si sbucciano rivelando una polpa cremosa e zuccherina… poi i tessuti preziosi di seta di cui ho cercato l’origine, ma è un segreto ben custodito dal popolo che vive ancor più a oriente. Pare si tratti di un bruco a produrre quel filo. Tu ne sai qualcosa?”
Sorrido di questa confidenza e gli spiego il mistero mentre immagino il fruscio di sete variopinte indossate da baiadere ingioiellate.
“Hai mangiato in quelle terre qualche pietanza particolare?”
“Sono curioso per natura e l’assaggio di cibi sconosciuti rientra nelle mie avventure di viaggio. Sto portando a casa un cereale che cresce nell’acqua, adatto forse ad essere coltivato in laguna. Ecco, ti ho svelato un altro segreto. Hai detto che si chiama riso? Un nome che sembra di buon augurio! Nell’area veneta, un mondo di acque e di isolotti, mangiamo in modo frugale, puls di cereali poveri e i pesci lagunari. Vorrei cambiare le abitudini alimentari, rendere più varia la dieta e migliorare le condizioni di vita. Lo sto già facendo con il safran, pianta selvatica che ora viene coltivata nell’entroterra e che io commercio in Oriente. Piace molto e me lo pagano a peso d’oro. Anche in India lo hanno apprezzato e spero che la richiesta aumenti. Non è roba per poveri, infatti chi coltiva il safran non sa capirne il valore. Per questo ci sono io. Mi spiace di non poterti accontentare con ricette esotiche, sono solo un mercante. Però ho per te un regalo all’arrivo a Grado: un’ampolla di olio profumato di amomo verde. Ora proviamo a dormire scaldandoci a vicenda sotto il mio mantello. Domani questi bravi marinai avranno superato la tempesta senza incidenti lasciandoci la Bora alle spalle. Avvicinati a me…”