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La Modica di Enzo Belluardo




CALCIO. IL MODICA DELUDE IL FRIGINTINI SOGNA

Brutto fine anno per il Modica calcio, due sconfitte di fila ne ridimensionano i sogni di grandezza e relegano la squadra rossoblù al terzo posto, dietro il Comiso. Il Frigintini, invece, zitto zitto, dopo aver fatto suo il derby della Contea (1-0) al Pietro Scollo, si ritrova in quarta posizione, proprio alle spalle del blasonato Modica.

Questo campionato del blasone non se ne fa nulla. A comandare largamente il campionato è il Mazzarrone,  cittadina di 4000 anime nel calatino, ma con una squadra quadrata con buoni elementi e tosta quanto basta per vincere il campionato. Al Vincenzo Barone prima doma un Modica poco incisivo in avanti, poi lo fulmina nella ripresa (0-1). Per il salto di categoria dei rossoblù modicani si spera in una improbabile rimonta sulla capolista Mazzarrone nel girone di ritorno, avanti di sette punti, altrimenti bospgna sperare nei play off o nella vittoria di Coppa Italia. Speranze poche, ma quanto basta per crederci ancora.

Frigintini sugli scudi, non avrà il blasone del Modica o del Gela o del Vittoria o dello stesso Scicli, ma in campo si fa sentire benissimo, ultima prodezza la vittoria in trasferta al Ciccio Scapellato. Il Frigintini del presidente Salvatore Colombo rappresenta una squadra coriacea e ben inserita nella categoria: i play off sono possibili.

Giovanni Oddo




MASCHERE CONSAPEVOLI

image0In maschera! Senza i coriandoli e le stelle filanti dei carnevali bambini. In maschera per riflettere nel modo indicato da Pirandello in molta parte della sua produzione drammatica, soprattutto con l’Enrico IV, messo in scena da Yannis Kokkos e interpretato da Sebastiano Lo Monaco, visto il 12 dicembre al Teatro Garibaldi di Modica. Finzione scenica esaltata dagli specchi da camerino teatrale a sinistra, persistente follia del ventennale perpetuarsi di una festa in costumi medievali a destra.
Nel mezzo l’azione dei finti paggi e scudieri che accolgono gli ospiti inattesi, venuti a valutare la malattia del protagonista compiacendone le bizzarrie, la lenta scoperta che sia ormai una finzione consapevole. Enrico (non si conosce il suo nome reale perché lui ha rifiutato la realtà) sa di fingere ma costringe gli altri a farlo (Matilde, Belcredi e lo psichiatra prima, Frida e Di Nolli nella parte finale) per dimostrare quanto sia falsa la società borghese smascherandola con la lucida acribia di chi ha capito il gioco ipocrita e se ne è allontanato con l’unico mezzo possibile: restare folle per sempre nel carcere della solitudine. Sotto il significativo “EXIT” a neon che il regista ha voluto come monito, è stato un rutilare di costumi e colori vividi in contrasto col saio da penitente del personaggio principale.
Belle interpretazioni del cast, un Lo Monaco beffardo che fingeva di fingere (cosa abituale per un attore che ogni sera indossa la maschera); un Lo Monaco che ha continuato anche dopo lo spettacolo a fare l’eccentrico buffone, o forse no, vai a saperlo… Magari era un invito rivolto al pubblico a ripensarsi provando a uscire dalla “reggia” individuale costruita per abitarci artificiosamente, le comode pantofole che ci fanno credere di non far parte dell’eterno, tragico Carnevale della nostra vita.

Marisa Scopello 

 




A tavola con gli Dei (a cura di Marisa Scopello)

Tellure mi fa entrare nella sua casa portando il cesto di pesci, il suo salario. È una casa non grande, con reti e nasse appese ad asciugare fuori; c’è un recinto diviso a metà: da una parte ci sono le galline, dall’altra un maiale nero ben pasciuto.
“È la nostra preziosa scrofa: spesso trova i funghi che crescono sottoterra sulle nostre colline coperte di querce.”
“Oh, i tartufi! Quale tipo?”
“Quelli neri in settembre, ora quelli bianchi profumatissimi. Li conosci?”
“Certo. Quelli bianchi hanno anche il nome che richiama la gente picena
, tuber magnatum pico, ma non li ho mai assaggiati.”
“Bene, dirò a mia madre di preparare un piatto con questo ingrediente per te.”
Ringrazio con l’acquolina in bocca, dovevo venire qui per poterli assaggiare.
La donna piccola che è la madre di Tellure prende in consegna i pesci, assentisce alle indicazioni del figlio e ci invita a riposarci in attesa della cena. Lo faccio con piacere perché l’umidità marina di dicembre necessita di un fuoco caldo e di un letto accogliente.
Mi sveglio con l’odore del cibo che invade la casa e vado in cucina dove i profumi sono molto intensi. Tellure, già seduto a tavola, mi porge una coppa di vino rosso condito col miele e allungato con acqua calda, un grog piceno che scalda lo stomaco. La donna mette nei piatti laganelessate, condite con pezzetti di carne (forse prosciutto) soffritta con porri e pastinache viola; porta in tavola su un tagliere un tartufo bianco grosso come un’arancia, lo affetta e mi invita a metterlo sulla pasta. Uhm, che bontà!
Non m’importa se mancano le forchette, anche col cucchiaio di legno si può assaporare una simile leccornia.
Ora dal forno estrae due grandi vassoi di coccio con il pesce, li porta in tavola e Tellure sorride orgoglioso di questo banchetto degno degli Dei.
“Questo è il rombo che hai visto ieri notte. La mamma lo ha tagliato in tranci, infarinato e irrorato d’olio per esaltare la delicatezza delle carni. Nell’altro vassoio c’è la coda di rospo la cui carne soda e dolce somiglia a quella del pollame. Anche su questa sta molto bene il tartufo. Serviti quanto vuoi.”
E io non me lo faccio dire due volte… Un pasto simile non me lo aspettavo in una casa tanto modesta.
Mentre mangiamo al lume della lampada a olio, entra un gatto bianco e nero, si avvicina miagolando e si mette a fare le fusa strusciandosi nelle mie gambe.
“Lui è Cato, ci aiuta a distruggere i topi che altrimenti sarebbero una piaga. Se ti infastidisce, dillo pure.”
Dico di no sorridendo e leccandomi le dita. Lui non sa che nella mia vita reale mi trovo spesso a scrivere col gatto di turno che passeggia sulla pagina e tenta in tutti i modi felini di catturare la mia attenzione mordicchiando la biro!
Tellure lo chiama e gli dà qualche pezzettino di pesce come premio per i suoi servigi di sterminatore di ratti.
“Ancora non abbiamo finito. Mamma ha preparato anche il dolce: si chiamano basynias e sono palline di pasta fritta immerse nel miele.”
Riconosco gli struffoli e penso che nel mio stomaco ormai non c’è spazio per nulla.
Ringrazio la bravissima cuoca con un sacchetto del safran di Polus e le spiego come usarlo per rendere i suoi intingoli dorati e aromatici.
“Domani andremo in giro ad assaggiare altri piatti e a farti conoscere il nostro mondo.
Grazie, madre, per aver onorato la nostra ospite.”

 




NON SOLO CIOCCOLATO…

E così anche Modica, capitale della gloriosa Contea “regnum in regno”, è finita tra le grinfie dell’inviato speciale di Striscia la notizia, il funambolico ciclista Vittorio Brumotti.

Questo virtuoso del pedale estremo già da tempo si sta riciclando come pubblico svergognatore, in armonia con l’andazzo di certo giornalismo che si autodefinisce d’assalto, ma che in realtà serve solo a produrre molto fumo pubblicitario e poco arrosto incisivo sul fenomeno oggetto del servizio.

La pessima abitudine di parcheggiare negli stalli riservati ai disabili è purtroppo diffusa in tutta Italia, e Modica non fa eccezione. Così come la reazione maleducata, se non addirittura violenta, di alcuni automobilisti colti in flagranza.

Il servizio realizzato a Modica non ha fatto altro che sottolineare una mancanza di rispetto verso una categoria di persone svantaggiate, che spesso viene invece ritenuta troppo favorita: basterebbe ai normodotati invasori un breve periodo di invalidità dovuta ad una banale frattura per far loro comprendere che cosa significa non potersi muovere in libertà, quando un semplice gradino può condannare una persona all’inattività e alla dipendenza dall’altrui aiuto. Per carità, ci sono anche dei disabili che si comportano male, specie se con sedie motorizzate occupano il centro delle strade invece di rispettare la destra suscitando le proteste di automobilisti

Sui social è partito un gran chiacchiericcio, e sono volate anche parole grosse tra i puritani castigatori e i fancazzisti lassisti, ma si sa che la tastiera libera i peggiori istinti.

Ma pensare che il modesto servizietto di Striscia possa aver gettato fango sulla città e aver offeso il pubblico decoro sembra essere eccessivo. Lasciando fuori i casi apertamente criminali, come lo spaccio di droga, i reati contro il patrimonio, l’evasione fiscale o la violenza omicida, forse riflettere sui tanti comportamenti asociali che tanti di noi a volte teniamo anche nelle cose spicciole di tutti i giorni servirebbe a migliorare realmente la percezione di un livello urbano di civiltà veramente superiore.

La nostra invidiata cioccolata, ahimè, è marrone come le cacche finte di Brumotti e quelle vere dei cani lasciate sui marciapiedi: impegniamoci tutti a fare in modo che questo colore, almeno a Modica, susciti soltanto acquolina in bocca e memorie di antichi profumi, vaniglia e cannella.

lpdp

 




LA LEGGEREZZA

Se in questi giorni dovessi esprimere un solo desiderio a Gesù Bambino, a Babbo Natale o alla Befana, chiederei di portarsi via una cosa: la superficialità!
Ad alcuni potrebbe sembrare banale una tale richiesta, ma pensateci bene, sapete quante vite umane si salverebbero se questa sparisse dalla faccia della terra e dalle mani del genere umano?
Immaginate per esempio cosa non accadrebbe senza la superficialità. Non accadrebbero più incidenti sulla strada per la distrazione di un attimo, non morirebbero più tante persone sulle strisce pedonali, sulle autostrade, nei vicoli di ogni paese, attorno a una rotonda spartitraffico, sotto un treno, contro un palo e via dicendo.
Nessun operaio morirebbe più per la caduta da un’impalcatura, da un tetto, da una scala, da un trattore o dentro a una cisterna o da un palco montato a festa, da un albero, risucchiato da una macchina, tirato per i capelli, morto per avvelenamento alimentare.
Non esisterebbero scontri frontali tra automezzi, fra gli uomini stessi, tra le politiche diverse.
Non annegherebbero poveri naufraghi dentro a un mare dove si dovrebbe solo nuotare, non brucerebbe nessuno dentro a una casa dove ci si sente al sicuro, non crollerebbero ponti, palazzi, scuole.
Non si alzerebbe una mano per dare uno schiaffo a un bambino o colpire una donna o, peggio, uccidere persona, animale o cosa.
Non esisterebbe la gelosia, la vanità, l’avarizia, la bugia, l’intolleranza, la cattiveria in generale.
Non morirebbe nessuno di fame e freddo, di malattie, di interventi mal riusciti, non esisterebbero le malattie contagiose, tumori, infarti, non esisterebbe nessuna guerra, nessuno piangerebbe per finta, per distrazione o per grande perdita o dolore.
Potrei continuare per ogni impiegato, medico, infermiere, professore, studente o semplicemente mendicante ma credo che basti per capire che se ogni giorno fossimo tutti più meticolosi, lavorassimo con più accuratezza, guardassimo il prossimo in profondità, capiremmo che in fondo il miglior modo per salvare, salvarsi e vivere la vita serenamente sarebbe l’essere consapevoli che perché non accada il peggio a noi stessi e agli altri, dobbiamo semplicemente rispettarla questa vita, rimanendo sempre vigili e attenti.
Siccome esprimere un solo desiderio non mi basta, vi svelo il secondo: chiederei anche di ritornare bambina per ricominciare tutto daccapo e meglio, riempirei la mia vita di tante cose che non ho fatto per timore di essere umiliata dalla  superficialità, perché la vita è una ma vivendola bene in migliaia e migliaia di modi, incontri e opportunità diverse, sarebbe vivere all’infinito.
“Ho sempre cercato la leggerezza, opposto della superficialità. La semplicità e mai la facilità” (Gigi Proietti).

Sofia Ruta 




Le ricette della Strega (a cura di Adele Susino)

Filetto di maiale alle mele verdi

Ingredienti:

1 filetto di maiale, 2 mele verdi, 6 cipollotti, 3 cm di zenzero fresco, 2 cucchiai di gelatina di mele cotogne, 3 cucchiai di marmellata di pere cotogne, 1/2 bicchiere di salsa di soia, 2 cucchiai di senape, succo di un’arancia, 4 spicchi d’aglio, q.b. di olio e pepe di Tasmania.

Preparazione:

Sigillare il filetto in una padella molto calda con poco olio e l’aglio, metterlo da parte. Preparare una marinata con la salsa di soia, il succo d’arancia, la senape, il succo e la polpa grattugiata di una mela, il pepe, la gelatina, la marmellata (si possono sostituire con miele o melassa) e 2 cucchiai d’olio evo.  Affettare a julienne lo zenzero e tagliare per lungo i cipollotti e a fettine sottili una mela. Riprendere il filetto, sistemarlo in una pirofila da forno e affettarlo senza arrivare al fondo, inserire tra una fetta e l’altra una striscia di cipollotto e una fettina di mela, spennellare la carne con la marinata, avendo cura di ricoprirla, unire alla marinata sul fondo lo zenzero e infornare a 200 gradi per circa 20 minuti bagnando spesso la carne. Servire ben caldo accompagnato da una fresca insalata di arance, sedano e finocchi.

In abbinamento consiglio un Barolo DOCG.

 




versi di versi per versi e detti male detti (di Sascia Coron)

La politica italiana

è un po’ santa e un po’ puttana.

 

Quando parla, Mattarella

dalla brace alla padella.

Quando tace,

dalla padella alla brace.

 

Il popolo inutilmente supplica

un buon Presidente della Repubblica.

 

Il nuovo Presidente della Repubblica eletto

sarà un reietto. Poveretto.

 

In Italia il Capo dello Stato

prima di eleggerlo

è già stato suicidato.

 

Il popolo unito

sempre sarà punito.

 




LIBERTÀ VA CERCANDO

Si parla continuamente di libertà, la si rivendica da parte di tutti, per i motivi più importanti ma anche per i più futili. Vogliamo essere liberi, ma ci rendiamo conto davvero di che cosa voglia dire essere liberi?

L’uomo si è trovato spesso a combattere per la libertà. Si parlava di libertà per sottrarsi alla schiavitù, a condizioni ingiuste di lavoro, comunque a situazioni che vedevano una parte prevaricare un’altra per interessi propri. In quel caso non solo era giusto ma doveroso combattere per la libertà.

Con questa parola però oggi si tende a giustificare ogni abuso e la mancanza di considerazione per gli altri.

L’essere umano, in quanto elemento della razza umana, vive in mezzo e in compagnia di altri individui come lui che, tutti insieme, costituiscono la società, pertanto non può sfuggire a quelle regole che consentano alla società di garantire la libertà a tutti e questo non può avvenire se non ponendo dei limiti a quella del singolo individuo.

“La mia libertà finisce dove inizia la vostra” diceva Martin Luther King lottando per la libertà, ma la libertà di una razza, quella dei neri americani, i cui diritti civili non erano, senza alcun motivo se non quello dell’arroganza e della prepotenza dei bianchi, quelli di tutto il popolo americano, non combatteva per la sua personale libertà o per far sì che i suoi seguaci prevaricassero alcuno, ma perché fosse riconosciuta la dignità che spettava loro in quanto cittadini americani quali erano.

Se non si rispettano dei limiti si finirà per prevaricare gli altri, quindi per soffocare la loro libertà. Inevitabile quindi che occorra gestire la convivenza di un gran numero di individui ed ecco che si debbano fissare delle norme per regolamentare i rapporti sociali. Queste norme, nella società moderna, corrispondono al sistema legislativo, comprensivo della Costituzione, delle leggi e dei decreti, tutti miranti a regolamentare la convivenza fra le persone, quindi il funzionamento dell’intera società. Persino fra gli animali esistono delle regole che vanno rispettate.

In questo particolare, e difficilissimo, periodo storico sono stati apposti dei limiti alla libera circolazione delle persone e, per svolgere determinate attività o accedere a determinati luoghi, è stata imposta la vaccinazione. E’ successo anche in passato ed è stato accettato come una cosa naturale, ovvia, perché riguardava la salute dei cittadini e la salute è un bene che va tutelato. Possiamo capire perfettamente che ci siano persone che, o per particolari intolleranze legate alla propria salute o semplicemente per paura, non intendono vaccinarsi, ma tra una scelta libera e personale e le manifestazioni di piazza ce ne corre! Come i no vax si battono per la loro libertà di non vaccinarsi, così non possono imporre a chi intende vaccinarsi di non farlo, quindi a che scopo le manifestazioni, le proteste violente? Anche queste sono sopraffazioni nei confronti di chi non la pensa come loro e intende rispettare le norme dello Stato, perché, ripetiamo, non sono norme prevaricanti ma decise per gestire un’emergenza e non possiamo stabilire noi se siano giuste o sbagliate. E non lo possiamo decidere noi, perché, più che ascoltare opinioni diverse in televisione o leggerle sui giornali, non abbiamo le competenze per renderci conto appieno del problema, non possiamo però chiudere gli occhi di fronte alla morte di tante persone, anche, spesso, nostri amici o colleghi, gente alla quale eravamo legati e che ora ci manca. Fra i compiti dello Stato esiste anche, primario, quello di tutelare la salute dei cittadini, la nostra.

C’è chi è convinto che esista un complotto per farci credere cose inesistenti, fra le quali ci sarebbe anche il covid; sono i complottisti, per i quali tutto ciò che ormai sembrava assunto come verità è stato solo un imbroglio, così ci vengono a dire persino che la terra non è piatta e che siamo stati ingannati per secoli. Ma dove starebbe la logica in questo? Quale sarebbe stato il vantaggio nel farci cadere in questa illusione? La costruzione e la vendita dei mappamondi forse? Non sarebbe dunque il caso di smetterla di fantasticare e di cominciare a ragionare un po’?




CINEMA E POESIA IN “VERSI DI LUCE”

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Si è conclusa con una bellissima serata finale a Palazzo Grimaldi a Modica la tredicesima edizione del Festival Internazionale di Cinema e Poesia “Versi di Luce”, patrocinato dal Comune di Modica e dal Comune di Gela, organizzato dal “CineClub 262”, con la collaborazione dei “Club Amici di Salvatore Quasimodo” e “Cinecircolo Stella Maris” di Gela.  Straordinaria la quantità di cortometraggi, videoclip, video poesie e lungometraggi arrivati anche per questa edizione da tutto il mondo. Il tema del Festival “Versi di Luce 2021” è stato “In pietra mutata ogni voce”, il centro del componimento “Alla notte” di Salvatore Quasimodo.

La poesia prende voce dall’inizio di tutto, dal Caos da cui tutto deriva. Questo inizio è la notte, solo allusa nel titolo e mai più nominata: la notte che è il buio ed è il dolore. Il poeta ritrae questo dolore come pietrificato ma una roccia che muta e che si fa parola, poesia, lotta. Il tema vuole far passare l’idea che le parole sono pietre che servono a resistere in questo mondo dove tutto è così fragile e caduco. Oggi più che mai le parole possono essere anche schegge che come armi taglienti spesso sono usate per ferire soprattutto in questa giungla nera del web, dove tutti decretano e sentenziano parole senza senso, senza sentimento. Ma chi invece sa davvero “tradurre” i sentimenti in parole regala al prossimo solo poesia e sogno, e soprattutto non lo fa nascondendosi dietro uno schermo.

Ogni voce, ogni pensiero può mutare in pietra se viene dal profondo, diventa pura determinazione, un modo per resistere di fronte al dolore, alle difficoltà della vita, e chi scrive col cuore conosce benissimo quanto valore ha la scrittura per se stessi.
“In pietra mutata ogni voce” come se la voce, l’espressione di sé, avesse la forza di una pietra che resiste, che resta, imperterrita, oltre il tempo e lo spazio. Infatti sono pietre che resistono tutti i lungometraggi, la videoarte, i cortometraggi, i filmati della sezione per le scuole di “giovani versi di luce”, contributi che hanno davvero reso questi tre giorni di festival unici e molto particolari. Tra le menzioni speciali, anche la cantante Tosca con il documentario sul senso stesso della musica “Il suono della voce”, un’opera che si può considerare un inno al desiderio di comprendere e ritrovare l’altro attraverso la musica e le emozioni che suscita quest’arte straordinaria. Il premio speciale “teatro a poesia” è stato assegnato all’attore e regista Giancarlo Zanetti che ha deliziato i presenti alla serata conclusiva con un bellissimo monologo sull’arte teatrale, mentre al critico cinematografico Franco La Magna è stato assegnato il premio speciale “Una voce”, per la prima volta conferito ad un “non modicano”. L’istituto comprensivo Santa Marta-Ciaceri vince la sezione giovani con un corto dal titolo “Luce dal passato”, un filmato che gli allievi hanno realizzato con molta originalità e inventiva. Il festival “Versi di Luce” conferma ancora una volta e in maniera determinante la validità di un appuntamento culturale di elevato respiro internazionale che ha proiettato sicuramente Modica e Gela oltre i confini territoriali.

Graziana Iurato