Nella corsa volubile delle nuvole di un Venerdì Santo in linea con questa primavera anomala che sembra non voler decollare, al Castello dei Conti di Modica è tornato “Vasa Vasa”, il bel documentario a.C. (ante Covid) di Alessia Scarso all’interno dell’incontro intitolato “CON/TATTO”. Un’ottima occasione per riflettere sulla frantumazione della società attuale, costretta dai contagi ad annullare relazioni autentiche e vivere un’ingombrante solitudine che sarà arduo rimuovere.
Quella sera di Passione, nel lutto del manto nero la Madonna sotto la croce ha pianto quel figlio col cuore desciliäto, la straziante definizione di Jacopone, nella desolazione di un dolore sconvolgente. Nei fotogrammi della Via Crucis, scanditi dal ritmo ossessivo del tamburo che batte la sistole e la diastole del mistero d’ombra e di lutto, si insinua la speranza cristiana della resurrezione; e sarà proprio la Madre a diventare protagonista modicana del contatto, dei nuovi baci considerati poco prima impossibili, finiti, ripetuti tra gli angoli della città bassa. Non si è mai sazi della gioia della rappresentazione che Alessia ha montato con la sensibilità (che è tanta) di narratrice per immagini ispirandosi alle “Tre madri” di De André, a preghiere e canti popolari antichi. La festa secolare si fa risalire alla metà del sec. XVIII da documenti studiati dal prof. Uccio Barone, sebbene un secolo prima si parlasse già di una statua animata. Vasa vasa. Gioiosa lettura modicana di un incontro, un contatto tra madre e figlio fuori dai vangeli canonici, punta su un aspetto oggi più che mai importante nel titubare dell’umanità scissa, spesso in conflitto e in guerra, perduta nell’apparenza di pseudolegami, l’umanità disabitata, assente e narcisistica dello psicologo Sandro Vero, composta di individui, non di persone.
Dovremmo risvegliarci ispirandoci alla caduta del mantello nero, al volo delle colombe che aprono alla prospettiva nuova, uscendo dagli assolo per tornare a “suonare” con gli altri ed eseguire concerti nei golfi mistici ricostruiti di tutto il mondo. Utopia forse, ma basterebbe crederci.
Marisa Scopello