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QUEL FIL DI FUMO…

Da quel 17 febbraio 1904, prima rappresentazione al Teatro alla Scala di Milano, “Madama Butterfly” di Puccini ne ha fatta di strada fino ad approdare al Teatro Garibaldi di Modica la sera del 7 maggio scorso. Una Butterfly sui generis, voluta fortemente da Tonino Cannata per la peculiarità dello spettacolo, e il sottotitolo “Il racconto di Pinkerton” ne spiega la sostanziale originalità, quella di essere una felicissima sintesi di musica, canto e prosa. Sì, perché la tragedia della geisha Chochosan è vista mediante la prospettiva di narrazione a posteriori del tenente Pinkerton ormai vecchio, tornato a Nagasaki dopo l’esplosione dell’atomica; un rudere lui, tra i ruderi della città martire, mentre vaga tra i ruderi dei ricordi giovanili del suo inqualificabile cinismo di turista sessuale ante litteram.
Sul palcoscenico ha preso forma la drammatica vicenda sulle note del pianoforte dello straordinario Rubén Miceli, mentre Butterfly e Pinkerton giovane erano interpretati dalle magiche voci di Daniela Schillaci e Angelo Villari con la regia di Ezio Donato. Defilato stava Andrea Tidona (Pinkerton vecchio) intento a ricordare e a strappare le pagine dei ricordi, quasi a voler cancellare l’iniquità del suo maschilismo.
Il piano in sordina accennava il coro mentre la stagione del pettirosso non riportava l’amore, solo il tantō (lo stiletto ereditato dal padre) che faceva il suo dovere col jigai, il suicidio femminile giapponese, perché “colui che non può vivere nell’onore, muoia almeno con onore”. Il destino tragico di Chochosan e il rimorso di Pinkerton. Gli spettatori hanno rabbrividito per l’emozione e l’empatia con chi attende un “fil di fumo” levarsi dal mare al cielo e aspetta, aspetta…
Una serata che anche Giacomo Puccini avrebbe approvato con applausi per l’interpretazione partecipata di Andrea Tidona; e forse era davvero lì, nel buio di un palco, nascosto alla vista di tutti ma presente e con gli occhi lucidi anche lui…

Marisa Scopello