martedì, 28 Marzo 2023

UN MALEDETTO IMBROGLIO GEOGRAFICO

image_pdfimage_print
Detailed political world map with capitals, rivers and lakes. Vector illustration.

Nei planisferi appesi alle pareti delle aule delle nostre scuole, la Terra è una striscia rettangolare con al centro l’Europa e l’Africa, ad est l’Asia e l’Oceania, ad ovest l’America.

La guerra in atto che ha visto la Russia invadere l’Ucraina, ma che a tre mesi dall’inizio è diventata una delle solite guerre per procura che le grandi potenze combattono sulla pelle degli altri, per la gioia dei terrapiattisti sulla carta bidimensionale gli Stati Uniti sono lontanissimi dalla Russia.

Motivo per cui, l’aggressore bombarda e spara verso ovest mentre dall’ovest arrivano rifornimenti, armi e sussidi ai paesi dell’est che confinano coi russi.

In mezzo c’è l’Europa, che dopo due guerre mondiali devastanti, ci ha messo settant’anni a capire che è meglio abbattere le frontiere ed unirsi in pace. Essendo però un’unione essenzialmente economica, finora incapace di sviluppare anche una politica unitaria, sia interna che estera, è il classico vaso di coccio tra vasi di ferro.

Se invece diamo un’occhiata in un’aula di scuola statunitense, il planisfero mette al centro l’America e il Pacifico, relegando l’Europa ad est e l’Asia ad ovest. Salta subito all’occhio la vicinanza tra Russia e Alaska, divise solo da un braccio di mare, lo stretto di Bering che misura circa km.83, praticamente uno sputo!

E pensare che fino al 1867 l’Alaska era parte dell’impero russo! Lo zar dell’epoca non sapeva che farsene dell’Alaska: di lande gelide e desolate ne aveva abbastanza in Siberia e, dovendo governare un impero immenso euro-asiatico, quella propaggine americana scomoda da raggiungere e da cui provenivano solo un po’ di pellicce di foca e di lontra poteva essere appetita dall’impero britannico che possedeva il Canada. Nell’affare si inserirono gli Stati Uniti, che mal vedevano la possibile estensione britannica in Nord America: il luccichio del dollaro piacque allo zar più di quello della sterlina…

Solo una trentina d’anni dopo l’Alaska divenne méta di cercatori d’oro, e poco più tardi si rivelò essere ricchissima di petrolio e di gas naturale: lo zar aveva fatto proprio quello che a Roma avrebbero definito come l’affare di Maria Cazzetta!

Certo, anche se è estesa solo un terzo dell’Alaska, l’Ucraina è certamente più appetibile per clima e risorse sia umane che materiali, ma chissà se il neo zar post-sovietico non possa fare un pensierino per riappropriarsi di quelle fonti energetiche che consentiranno agli USA di rifornire l’Europa sganciata da metanodotti e pipe-line moscovite.

L’improvvida invasione russa dell’Ucraina si sta rivelando fallimentare sia sul fronte militare che su quello politico.

Chi ricorda l’epoca in cui era mitizzata la potenza dell’Armata Rossa ed è cresciuto coll’incubo dei cavalli cosacchi all’abbeverata nelle fontane di Piazza San Pietro, avrà avuto sentore di disfacimento già al tempo dell’impegno sovietico in Afghanistan: la condotta abborracciata e stupidamente, criminalmente distruttiva dell’azione militare ha fatto scoprire delle abissali lacune sia tra gli alti gradi di comando, sia tra le truppe impreparate e mal supportate.

Se la scusa principale per questa azione scellerata è quella di colpire un paese che vuol far parte dell’Unione Europea ma soprattutto della NATO, Putin ha raggiunto in brevissimo tempo l’effetto contrario. Per la prima volta l’Unione Europea è riuscita a mettere insieme in concordia, sia pure con grande fatica, un piano di sanzioni contro l’invasore e ad esprimere la volontà di aiuto concreto verso il paese vittima. La richiesta di ingresso nella NATO formulata dalla Svezia e dalla Finlandia, paesi storicamente neutrali, sigilla il fallimento politico dell’azione bellica russa.

La rigidezza delle posizioni dei belligeranti e degli europei filoucraini non porterà ad un cessate il fuoco in tempi brevi, e se il tentativo più autorevole per trovare una intesa che porti alla pace è nelle mani grondanti di sangue di un tiranno come Erdoğan c’è poco da star allegri.

Oramai appare chiaro che la situazione è sfuggita di mano a Putin e che invece Biden ha l’intenzione di provocare e prolungare lo stato di belligeranza a distanza col nemico russo, nome che ancora per moltissimi americani continua ad essere sinonimo di comunista: meglio morto che rosso!

Noi europei ci troviamo esposti alla contrapposizione delle manie di un paranoico e delle fregole elettorali di mid-term di un rimbambito in calo di gradimento, con un Trump in malcelato agguato.

L’incubo atomico è dietro l’angolo, e non si creda che il missile cosiddetto tattico, dal raggio d’azione limitato e di bassa potenza, sia meno pericoloso: il fallout di particelle cancerogene ce lo becchiamo tutti comunque.

E allora, se proprio non possono fare a meno di farsi la guerra, se la facessero lì! Nessun giornale informa se la penisola della Kamchatka ospita basi missilistiche, né se ce ne siano in Alaska: possibile che le due frontiere siano completamente sguarnite? Vero è che il clima gelido sconsiglia di avventurarsi da quelle parti che, comunque, risultano abitate: Uėlen in Russia e Wales in USA. Ma per gente che ha la possibilità di andare a colonizzare la Luna e Marte, certe asperità logistiche sono uno scherzo.

Forse il motivo che spinge ad evitare uno scontro diretto è da leggere tra le righe di ciò che ha detto Xi Jin Ping giorni fa: fate come vi pare, ma state lontani dal Pacifico.

Uomo avvisato è mezzo salvato.

Lavinia deNaro Papa

 

Condividi