Viviamo momenti difficili, in questi giorni confusi e tribolati, a causa dei tanti fattori negativi che stanno lacerando il nostro Paese e non solo – trovo fastidioso il dibattito ritornello basato su come chiamare la Meloni: il Presidente o la Presidente del Consiglio dei ministri.
Mi sono chiesto: non ci sono soldi per le bollette e si perde tempo prezioso per queste emerite sciocchezze? Peraltro querelle innescata (a ragion del vero) da Palazzo Chigi.
Il governo appena insediato (questa volta quasi tutto spostato a destra) invece deve correre per abbassare il prezzo dell’energia, stroncando altresì, con ogni mezzo, la vergognosa speculazione in atto.
Inoltre ha l’obbligo sacrosanto di cercare dove si possano e si debbano trovare le risorse (i soldi) per coloro che non possono pagare le bollette, cioè imprese a famiglie.
Nella nostra analisi intendiamo per imprese in particolare quelle energivore.
Sono considerate, per essere più chiari, energivore tutte quelle imprese che, hanno consumi elevati di energia elettrica (e gas), con una forte incidenza sul proprio fatturato. Si tratta di grandi aziende e, in minor misura, anche di Pmi.
Per essere ancora più chiari, s’intendono imprese energivore (dal 1 gennaio 2018) quelle che hanno un consumo medio di energia elettrica pari ad almeno 1 GWh/anno.
A poco meno di un mese dalle elezioni l’Italia ha un nuovo governo (di centrodestra). Quindi un segnale di comprensione le è dovuto, per il semplice fatto che il Paese si appresta a un lungo inverno.
E altresì non andrà sottovalutata la principale emergenza che è quella, assieme ai costi energetici, di non ostacolare un’economia già in forte sofferenza. Anzi, direi, agevolarla al fine di tamponare gli effetti della frenata prevista dal Fondo monetario internazionale e dalla nostra Banca centrale.
Detto questo, se alle parole non corrispondono concetti chiari, la lingua diventa una cortina fumogena, che impedisce di agire. Per questo, lo statista (quello vero) dovrebbe far sì che le parole dicano qualcosa.
Il suggerimento è non privo di significato per chi si trovi, oggi, a governare il Paese. Perché è abbastanza evidente che nell’Italia del 2022 (e non solo da noi) i nomi non corrispondono alle cose.
Abbiamo un esempio recentissimo dove nel Regno Unito la manovra della sfortunata Liz Truss è stata barattata come ultra liberista invece era tutta a debito.
Questo è vero quando si parla di economia e finanza pubblica. Basti pensare a come la parola “deficit” sia stata sostituita da “scostamento di bilancio”. E poi i “sussidi” sono diventati ristori. Attenzione, eufemismi e metafore cosiddette esauste, come aveva ben compreso George Orwell, in politica sono un anestetico del pensiero.
Nel profilo twitter di Luigino Bruni, l’economista che salva le parole, campeggia questa frase del grande economista Achille Loria: “chi non ha il coraggio di dire ciò che pensa, finisce col non pensare se non quello che avrà il coraggio di dire” (1880).
Proprio alle parole dell’economia il Bruni ah dedicato qualche anno fa il libro ”La foresta e l’albero”, in cui leggiamo: “ed è il linguaggio il primo segnale che dice la crisi antropologica, e quindi spirituale ed etica, che attraversa il mondo dell’economia”.
Insomma, bisogna ritrovare il senso della vera economia. Altrimenti parliamo di aria fritta e niente di più.
Ricordiamo, in questa sede, che i margini di manovra della nostra finanza sono praticamente inesistenti oggi e forse lo saranno anche domani. Nuove iniezioni di liquidità – a cominciare da nuovi sussidi – a debito sono impraticabili.
Quindi se vogliamo fermarci prima del dirupo, dobbiamo tornare a chiamare le cose con il loro nome: usiamo deficit e non scostamento di bilancio, sussidi e non ristori.
In considerazione di quanto sopra, da economista, auguro al Presidente (o la Presidente) Meloni di usare le parole giuste, per deliberare.
Primo Consiglio dei ministri: misure su carcere ostativo, Covid e rave party. Questa prima decretazione ha suscitato nel campo delle opposizioni un vespaio e accuse molto forti rivolte alla Meloni.
Noi nella nostra disamina non entriamo nel merito della questione. Lasciamo questo campo e i relativi giudizi ai politologi.
Circa la mancata decretazione sul caro bollette, avvertiamo il governo targato Meloni di fare presto, molto presto.
Perché ogni giorno, a causa dell’insostenibile costo dell’energia, centinaia di imprese sono costrette, loro malgrado, a chiudere. E molti di queste non apriranno più, con grandi danni sul Pil e sull’occupazione.
Chiudiamo, precisando che il giudizio sull’operato di un governo, qualunque sia il suo colore politico, va dato a fine mandato e su quello che ha saputo fare, non su sterili prese di posizione. Questa è la democrazia, madama la marchesa.
Salvatore G. BLASCO