Donna, vita, libertà!
Questo è lo slogan che le donne curde gridano nelle piazze iraniane, turche e siriane contro l’oppressione dei regimi teocratici e militari che cercano in tutti i modi di soffocarne la voce e cancellarne l’identità.
Sì, financo l’identità!
Le donne iraniane, che fino ai tempi dello Shah Reza Pahlavi avevano goduto di libertà adesso inimmaginabili in un paese islamico, sono state le vittime immolate sull’altare dell’integralismo che tuttora contraddistingue il regime degli ayatollah. Nella guerra fratricida contro l’Iraq, le donne iraniane, costrette in clausura domestica, persero financo la maggior parte dei loro figli, quindi furono vittime due volte!
L’uccisione da parte della cosiddetta polizia religiosa di Mahsa Amini, ventiduenne sorpresa ad indossare in modo scorretto il velo, è stata la goccia che ha fatto strabordare il vaso. Le rivolte contro lo strapotere dei potenti bigotti da settembre non si fermano più, e dilagano in tutto l’Iran.
Noi tutti abbiamo saputo della morte di questa ragazza bella e forte chiamata Mahsa, ma il cui vero nome è Jǐna, che in lingua curda significa vita: ma lei in Iran questo nome non poteva portarlo perché curdo, e il popolo curdo deve essere ignorato, cancellato, fatto sparire dalla memoria collettiva!
Come narrato da Antonia Arslan ne “La masseria delle allodole”, quello che è già accaduto al popolo armeno con la disgregazione dell’impero ottomano, che lo vide perseguitato e massacrato fin quasi all’estinzione, sta accadendo al popolo curdo che viene da decenni privato di patria, lingua, identità.
Evidentemente, Armeni e Curdi danno fastidio perché, pur essendo islamici, sono tendenzialmente portati allo studio ragionato dei testi sacri, dai quali non evincono alcun motivo che possa determinare la discriminazione dei – diversi – segnatamente le donne e gli appartenenti ad altre etnie o seguaci di altri credi, purché costoro siano anch’essi tolleranti e rispettosi delle diversità. La tolleranza derivata dall’Islam sunnita sciafeita rende i curdi invisi a sciiti e sunniti che fanno della guerra agli infedeli e del predominio assoluto dei maschi la propria ragione di vita.
Rischiando letteralmente la pelle, le donne iraniane sfidano il regime tagliandosi i capelli e bruciando il hijab platealmente in piazza e alcune osano financo baciarsi in pubblico col proprio ragazzo! La novità più interessante di questa rivolta è che è condivisa e portata avanti anche dalla maggior parte della popolazione maschile giovane.
Consci loro malgrado di essere asserviti a padroni ai quali fa comodo dimenticare la gratitudine verso il popolo curdo, che è stato il vero e unico baluardo contro il terrore dell’ISIS, i media occidentali tendono a sfumare sul fatto che le vittime della repressione religiosa siano in gran parte donne curde.
L’Esercito Femminile del Rojava, nel nord della Siria, è stato fondamentale per la sconfitta del califfato dell’orrore, e continua seppur tra immense difficoltà ad organizzare le donne e ad istruirle rendendole così libere e coscienti.
Di Elnaz Rekabi, atleta arrampicatrice vincitrice anche di una medaglia ai campionati mondiali della specialità della combinata, che dopo la morte di Mahsa/Jǐna, si è rifiutatata di gareggiare velata, si erano perse le tracce. Solo ieri si è appreso che è ristretta agli arresti domiciliari. Ovviamente, è curda!
Così come sono curde Nagihan Akarsel, attivista assassinata in Suleymaniah, nord Siria, la sedicenne Asra Panami e la diciassettenne Nika Shakarami, arrestate e massacrate di botte dai poliziotti religiosi.
Quanto all’attentato avvenuto pochi giorni fa ad Istanbul, dove una bomba è esplosa in una zona pedonale molto frequentata, la colpa è stata data immediatamente al PKK, partito comunista curdo, obiettivo principale della caccia al nemico da parte di Erdoğan. E, guarda caso, l’attentatore sarebbe stata non solo donna, ma finanche curda!
Ahlam Albashir, questo il suo nome, avrebbe confessato di essere siriana indottrinata dal PKK, che ha prontamente negato qualunque responsabilità dell’accaduto.
Non sappiamo, e non lo sapremo mai con certezza, se veramente Ahlam sia colpevole e come sia stata portata a confessare, né sapremo mai i nomi e l’etnia delle 46 persone arrestate come complici… ma il sospetto che in gran parte possano essere curdi ci sembra fondato.
Pensare quanto poco ci vorrebbe a spegnere le braci che covano sotto le polveriere del Medio Oriente! Se veramente la pace, la fratellanza e la salute del pianeta stessero a cuore ai potenti della Terra, basterebbe che ognuno di loro rinunciasse a qualche briciola del lauto pasto che consumano quotidianamente lucrando sulle risorse materiali ed umane che appartengono a tutti noi.
Allungando lo sguardo anche solo di poco oltre la presente generazione, costoro potrebbero capire che egoismi, nazionalismi e sopraffazioni porteranno al punto di non ritorno in brevissimo tempo, condannando l’intera razza umana all’estinzione.
Se i Curdi potessero ottenere il riconoscimento della loro patria, il Kurdistan che attualmente è diviso tra Iran, Iraq, Siria e Turchia, se ai Palestinesi venisse lasciata libera la propria terra continuamente erosa da nuovi insediamenti di coloni ebrei, se Israele capisse che Gerusalemme dovrebbe essere dichiarata “città santa” a pari livello per tutte e tre le religioni rivelate e perciò godere di extraterritorialità, se Siria e Libano potessero essere liberi di decidere le proprie sorti senza interferenze russe, NATO e di quanti altri poteri più o meno oscuri…
Ma la nostra vita è costellata da sempre di troppi SE e di tanti MA… e adesso che abbiamo superato gli otto miliardi senza che al summit di Sharm-el-Sheik si sia riusciti a mettere a segno nulla riguardo all’inquinamento da carburanti fossili, siamo arrivati al triste ridicolo di aver racimolato un po’ di soldi da devolvere ai paesi poveri, che non inquinano ma subiscono tutti gli effetti devastanti dell’inquinamento altrui: come se un pugno di dollari potesse essere inalato come ossigeno! Vergogna!
Forse i ricconi potenti si accorgeranno del male fatto quando le mète di costose vacanze e gli insediamenti miliardari per isole artificiali irte di grattacieli, o gli stadi climatizzati in pieno deserto, verranno sommersi dalle acque di mari surriscaldati o nuovamente ingoiati dalle sabbie della desertificazione globale, ma sarà ormai troppo tardi. I peggiori di loro forse riusciranno a scappare dal pianeta moribondo, Elon Musk si sta preparando e in orbita c’è già andato: in programma c’è la colonizzazione di Marte. Di questo passo l’umanità, prima o poi, distruggerà il sistema solare!
Se noi pecoroni imparassimo qualcosa dalla Storia e ci rendessimo conto che potremmo essere capaci di sviluppare un minimo di coscienza civile e sociale prendendo esempio da gente solida come sono i curdi, i piani demenziali dei plutocrati fondati sullo strapotere della finanza sapremmo come stopparli.
In attesa del ringraziamento delle generazioni future, se ci saranno.
Lavinia P. de Naro Papa