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La Modica di Enzo Belluardo




UN IMPERATORE DIMENTICATO

Questa non ha nessuna intenzione di essere una pagina di Storia né una filologica ricostruzione del tardo impero romano, è solo curiosità nata da una interessante notizia intorno a un imperatore romano rimasto sconosciuto, Sponsiano; nessuno lo ha mai citato nel Gotha dei nomi che, a partire da Ottaviano Augusto, si fregiarono di tale titolo.
Tanti nomi, dai più famosi ai meno noti (alcuni a dir poco strani), responsabili di vittorie, sconfitte, capovolgimenti eclatanti; se tutti conosciamo Caligola, Nerone, Adriano, Costantino, sfido chiunque a dare notizie di Pupieno, Balbino, Volusiano, Carino, Numeriano (tanto per citare i nomi più curiosi). Tra questa nobile processione pare che sia da aggiungere Sponsiano, considerato fino a oggi spurio dato che le pochissime monete d’oro con la sua effigie sono state prese per false perché troppo rozze. Ora la rozzezza dell’esecuzione a qualcuno sembra garanzia di autenticità. Ma chi era Sponsiano e dove si trovava per essere totalmente ignorato dalla Storia ufficiale? Il luogo di provenienza delle monete è certamente evocativo per leggende successive di sapore vampiresco, la Transilvania; i Romani chiamavano Dacia quell’area geografica e la Colonna traiana ne racconta la non facile conquista. Cosa accadde dopo? Di sicuro l’esercito presidiava quei luoghi ai confini dei confini di cui si sfruttavano le miniere d’oro, ed era un bel casino perché i Sarmati e i Carpi, popoli riottosi e allergici al dominio romano, facevano di tutto per cacciare l’invasore con ribellioni sanguinose tanto che, nel 271 d.C., Eutropio (“Breviarium liber novus”)narra che i Romani furono  costretti ad abbandonare la regione. Entro quel lasso di tempo, il generale Sponsiano, responsabile di mantenere l’ordine, assunse anche l’autorità suprema di imperatore e fece battere le monete che ora ci raccontano la sua storia negletta, quasi anonima se a comprovarla non ci fosse la testimonianza di un profilo inciso nel metallo prezioso. Non è nemmeno il caso di chiederci quale sia stata la causa della morte… forse un paletto piantato nel suo cuore?
Strana la sorte, strana e grama per un povero imperatore perduto tra selve impervie e barbari selvaggi. Il destino comunque si accanisce su tutti, dai Grandi coronati a noi, gente “meccanica” (direbbe Manzoni). Per tutti uno sprazzo di azzurro fra una tempesta e l’altra.

 Marisa Scopello




MALEDUCAZIONE SANITARIA

All’incredibile confusione che sta connotando di questi tempi la gestione del Covid, sotto Natale le case farmaceutiche stanno rivolgendo messaggi fuorvianti e potenzialmente deleteri al popolo italiano che, letteralmente a pezzi, cerca un minimo di distrazione dalla televisione.

Chi non può o non vuole fruire delle tv a pagamento, si deve accontentare di quello che propina la tv generalista, quasi tutta allineata nel leccare le terga dei nuovi padroni del vapore.

Anche cercando scampo dal profluvio di chiacchiere pseudo politiche o dall’idiozia compulsiva dei reality nel vedere un film, la pubblicità ne riesce ad allungare i tempi di durata anche a più di tre ore.

Tra gli spot più beceri spiccano quelli che in piena ondata influenzale concomitante alla recrudescenza invernale del Covid, invece di suggerire comportamenti prudenti specie per riguardo alla salute dei soggetti più fragili, istigano a stare comunque in mezzo alla gente anche con sintomi importanti sicuramente portatori di infezione.

Starnutisci, hai febbre, mal di testa e dolori alle ossa e tossisci peggio della dama delle camelie in punto di morte? Bando ai rimedi della nonna – letto e calde tisane -, alle ortiche la mascherina! Non rinunciare allo shopping natalizio, ingurgita una bustina di fluido antinfiammatorio, antipiretico, antidolorifico e fluidificante e via tra la pazza folla!

Se poi durante il cenone lo stomaco ti dà segni di fine corsa, un’altra pratica bustina, stavolta di pozione magica simile ad intonaco plastico, ti permetterà di continuare a bere e ad abboffarti come un porco. Evviva!

Ma, in fondo, niente di nuovo sotto il sole di questo dicembre dal tepore inconsueto: chi era bambino ai tempi della tv monocanale in bianco e nero forse ricorderà il cantante Nicola Arigliano che masticava il digestivo Antonetto mentre prendeva a volo il tram… la mala informazione ha solo vestito panni tecnologici più moderni.

Kazzandra




RICCHEZZA O LIBERTÀ?

Tangenti. Sono le tangenti del Qatar a tenere banco in questi giorni di Natale. Come se fosse la prima volta che si constata un circolare di tangenti in politica! Ogni volta ci si stupisce, ci si indigna, se ne fanno intere trasmissioni in televisione, intere pagine sui giornali. Ma davvero non l’abbiamo ancora capito che la tangente è una consuetudine in politica, nell’alta finanza, insomma in quegli ambienti in cui circolano molti soldi e che forse è per questo che se ne vorrebbe di più, sempre di più? Siamo convinti che il caso eclatante non siano le tangenti ma che vengano scoperte e denunciate.

Non sappiamo quale input spinga chi ha la possibilità di vivere nel lusso, di acquistare ciò che vuole senza problemi, di sfoggiare a ogni momento il peso che rappresenta nella società, a volere sempre più danaro, sempre più ricchezza. Ma per farci cosa? Per illudersi di essere libero? Povero pazzo! Proprio quello non potrà acquistare mai: la libertà, perché sempre e comunque le sue scelte dovranno essere coerenti col suo ruolo di persona molto importante (già, vip!).

Lo riscontriamo in una realtà della quale abbiamo una lunghissima esperienza: il giornalismo. Tutti affermano con forza la libertà dell’informazione, così come tutti stigmatizzano la corruzione delle tangenti, ma inevitabilmente, così come il ricco anela a diventare più ricco, il proprietario del giornale aspira a un ruolo sempre più determinante nel suo settore, ma si sa che la gente non ama leggere e quindi un giornale non può certo vivere delle vendite, così come una televisione non può vivere solo del canone, quindi per “pesare” sempre di più sulla società ha bisogno dello o degli sponsor. Cosa potrà accadere dunque nel momento in cui ciò che si scrive su quel giornale o si dice su quel canale televisivo non soddisfa lo sponsor? Che questi imponga la linea che preferisce o che tolga la sponsorizzazione. Ecco dunque che per fare un giornale veramente libero non devono circolare i quattrini. Ma le persone che costruiscono un giornale devono pur mangiare, mantenere la famiglia e quant’altro, così a questo risultato si può arrivare solo se si ha un altro lavoro o una pensione o comunque un altro modo per mantenersi. A un giornale come il nostro (giusto per parlare di qualcosa che conosciamo bene)  arrivano sovente proposte di pubblicità a pagamento o da parte di qualcuno che lo vuol comprare lasciando integra, a suo dire, la redazione e la linea giornalistica, ma crederci sarebbe un’utopia, perché la voce del padrone prima o poi arriverebbe a farsi sentire, è nella logica delle cose. Allora si preferisce restare poveri ma liberi. Questo però accade quando non si è ricchi, quando si desidera essere bravi, non vivere nel lusso. Ma un ricco può pensare di farlo? Crediamo proprio di no, è fisiologico.

Ce lo dicono questi giorni di Natale, quando la gente corre a comprare per passare delle feste piacevoli, coi parenti, gli amici, quando la gente vuol vedere la città illuminata, quando si desidera lo spreco e si passa accanto a chi non solo non ha la possibilità di sprecare ma nemmeno quella di sopravvivere e lo si fa distratti, indifferenti, trascinandoci dietro i nostri pacchetti inutili.

 

 

 




Le ricette della Strega (a cura di Adele Susino)

Idea per una sera di Natale

Ingredienti:

6 tranci di baccalà, 5 porri, 2 cucchiai di olive taggiasche, 9 patate, 30 gr di mandorle, 1 cucchiaio colmo di prezzemolo, aglio e peperoncino tritati, q.b. di olio evo

Preparazione:

riscaldare una padella antiaderente e fare rosolare in olio i tranci di baccalà, toglierli e nel fondo unire i porri affettati finemente, farli stufare e aggiungere le patate tagliate a fette, un mezzo bicchiere di acqua calda, coprire e fare cuocere fin quando le patate si ammorbidiscono. Ungere una pirofila con olio, fare uno strato di patate e porri, unire le olive, il pesce, il trito aromatico e le mandorle tostate e tagliate a metà, completare con un altro strato di patate e porri, unire ancora qualche mandorla e infornare a 200 gradi in forno già caldo per circa 30/40 minuti. Servire tiepido.




NATALE È ATTESA…

Nei pressi di una rotonda, a Modica, quella che porta a Marina dalla strada vecchia, vedo una donna di una certa età, un po’ confusa dalle macchine e che non sa da che parte guardare per attraversare. Mi fermo al centro, senza dare spazio ad altri di sorpassarmi, e aspetto che la nonnina guardi verso di me per farle segno di attraversare. Nel frattempo una bella signora con un macchinone rosso fuoco, suona il clacson per incitarmi a muovermi perché la mia macchina blocca il passaggio alla sua. Io impassibile faccio attraversare la signora prima di mettere la prima e ripartire.

L’ho solo guardata negli occhi dallo specchietto retrovisore e ho pensato (solo pensato, non detto come invece ha sbraitato lei facendo smorfie dall’interno del suo abitacolo): posso avere tutta la fretta immaginabile per correre e non fermarmi ma se vedo una persona che potrebbe essere mia madre tra autovetture impazzite, io mi fermo. La fretta è il pericolo numero uno per chi guida una vettura e per chi cammina a piedi, è anche quella che ci fa dimenticare chi siamo.

E’ solo un fatto accadutomi a dicembre del 2020, esattamente una settimana prima della ricorrenza del Natale e dopo il primo anno di pandemia, quello che dopo tante paure, avrebbe dovuto renderci tutti più sensibili e tolleranti.

Un altro anno è passato da allora ma nulla è cambiato, anzi, di noi umani è uscito fuori il lato peggiore. Abbiamo fatto nascere un mondo incalzante che scavalca tutto e tutti, dal più piccolo al più grande, non tolleriamo più l’attesa e non facciamo altro che correre non guardando in faccia nulla e nessuno.

Il buongiorno e il saluto non esistono più, mancano i sorrisi e il sapere apprezzare l’operato di altri, la pretesa è diventata padrona e nel peggiore dei modi, riesce anche ad uccidere con parole e fatti.

Il Natale è l’attesa, senza quella non potrà mai esistere una serena felicità. Riconquistiamola e, se desideriamo veramente vivere in un mondo migliore, impariamo a rispettare chiunque ci passa accanto senza scavalcare nessuno, altrimenti la speranza di vedere un po’ di luce, sparirà per sempre e il buio ci spegnerà per sempre.

Sofia Ruta




versi di versi per versi e detti male detti (di Sascia Coron)

In televisione suona la banda

dell’insulsa propaganda.

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L’INPS, per non farti torto,

ti preferisce morto.

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In Sicilia la democrazia ha un tale valore

che ogni buon diritto diventa un favore.

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A chi piace la democrazia U.S.A. e getta?

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Per l’Italia ho il sogno di andare a lavorare

senza doversi far raccomandare

dagli stupidi prescelti a governare.

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La più bella delle sane sorprese

è che tutti vadano a quel paese.

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Dopo la guerra in Ucraina

nulla sarà come prima.

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Non son più certo che Stalin

avrebbe appoggiato Putin.

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Tutti i libri ispirati

fanno dei fedeli invasati.

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La morale religiosa

pone fine ad ogni cosa.

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I soldi in gran quantità

comprano la dignità.

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I parlamentari europei

si corrompon con gli sghei.

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Per quel che è stato fatto

il Parlamento UE è sotto attacco.

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In Europa le mazzette

del Qatar sono mancette.

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I diritti nel Qatar

sono tutti in alto mar.

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Sempre a Natale

ogni rincaro vale.

 




A tavola con gli Dei (a cura di Marisa Scopello)

Scaldando le mani protese verso il fuoco, è facile scivolare nelle confidenze in un flusso ancora più spontaneo per l’acquavite di pere. Guardo Makaria intenta a fissare le fiamme mentre ombre danzano sul suo viso.
“Tu che vieni dal tempo di Cicerone, come sei riuscita ad affrancarti dalla condizione di inferiorità delle donne romane?”
“Di questo devo ringraziare il grande oratore e patrono che, trovandosi nell’agrigentino per il suo mandato di pretore, si è accorto delle mie potenzialità e fame di apprendere. Ero andata nella sua dimora a consegnare alcune derrate alimentari e in sua presenza mi caddero dal cesto delle cipolle; fu proprio lui ad abbassarsi per aiutarmi a raccoglierle e, vedendo la mia vergogna, mi chiese se volevo lavorare per lui. I miei accettarono e io cominciai con l’incarico di pulire il suo studio. Vedendomi interessata alla scrittura, mi insegnò a leggere, a scrivere; lo feci così bene che mi portò a Roma insieme agli altri collaboratori che hai già conosciuto. Se non fosse stato per le cipolle, a quest’ora sarei ancora nella mia piccola città a lavorare al telaio e ad aspettare un marito, passando da una dipendenza familiare all’altra.”
“Dimmi Anhur, prima degli Etruschi qual era la condizione femminile?”
Lui ci guarda e ci mostra immagini di un tempo lontano commentandole: ”Intorno al 4000 a.C. (secondo la cronologia che tu, Marisa, conosci), nella parte settentrionale dell’isola chiamata Ichnusa venne costruito o (meglio) scavato un monumento dedicato alla ierogamia, le nozze sacre, tramite l’unione sessuale tra i due ierofanti maschio e femmina, con offerte di un maialino al Dio maschile e una serie di banchetti mentre sull’altare si celebrava l’accoppiamento. Era tipico del culto mediterraneo della Grande Madre e riguardava una civiltà “matrifocale” o matriarcale. Il maschio, sessualmente rozzo, aveva il compito di fecondare la femmina, dava il seme e riceveva in dono il piacere, il favore, il sorriso della divinità. Un culto venuto dal nord e diffuso dai “popoli del mare” lungo le coste e le isole mediterranee frequentate. La donna aveva allora la supremazia e nella “triplice cinta” del tempio sardo era il focus religioso e culturale.”
Guardo le immagini e vedo incisi nella triplice cinta i simboli del labirinto e della scacchiera nera e bianca, con l’alternanza di luce e buio dei solstizi, annuso il profumo dei maialini e agnelli arrostiti e adagiati sugli aromatici rami di mirto selvatico, cibo che rende forti e resistenti alle malattie. Guardo la stele-dolmen, chiaro riferimento al fallo e mi torna in mente la rappresentazione dell’atto sessuale stilizzato nei portelli tombali della “facies castellucciana” della preistoria siciliana, quando il commercio della selce scavata nelle miniere iblee era fiorente. Penso al successivo culto di Cibele, la sua testimonianza dei “Santoni” di Palazzolo Acreide, con un probabile sacrificio del maschio dopo la fecondazione della sacerdotessa…
Io e Makaria, suggestionate dalle immagini, pensiamo con rammarico a come la donna abbia dovuto farsi da parte nell’arrogante predominio dei bellicosi maschi. Forse, se ciò non fosse accaduto, la Storia sarebbe stata diversa…
Anhur ci sorride e al suo comando vengono serviti piatti colmi di melagrane, datteri e uva.
“Per rendere più dolce questa sera di ricordi. Voi donne siete il miele e senza la vostra potente presenza non ci sarebbe stata civiltà. Bevete altra acquavite alzando le coppe in onore della Grande Madre, Astarte, Inanna, Venere ericina. Voi adesso siete le legittime eredi dell’archetipo femminile. E io mi inchino a voi.”




UN NATALE PIÙ SOBRIO

Si avvicina la festività più attesa dell’anno: il Natale. Una festività religiosa che spesso viene dissacrata da tutti i contorni “commerciali” che ne derivano. Addobbi, pietanze tipiche, dolci, regali, cenoni e tanto altro ancora riempie le case e le vite di molte famiglie che si preparano a vivere al meglio questi giorni di festa. Famiglie che si rialzano dopo due anni di paure e tormenti che ancora però non ci hanno abbandonato totalmente, ma che tentiamo pian piano di cancellare, nonostante tutto. Eppure la cosa che si dovrebbe fare più di ogni altra è proprio quella di guardare al di là del nostro “orticello”. Dopo questi durissimi anni di sofferenze, ancor di più dovremmo sentire la necessità di trascorrere questi giorni con sobrietà e umiltà, così come ha raccomandato anche Papa Francesco al termine della sua udienza di qualche giorno fa. Tutti dovremmo mantenere lo spirito della festa e la tradizione dei regali, ma con il cuore e lo sguardo agli ultimi, a chi soffre e in particolare alla popolazione ucraina che si ritrova al buio, al freddo, a combattere contro un’aggressione continua, con la fame e l’assenza di cure mediche. Non dovremmo dimenticare le migliaia di bambini a cui viene negata la sicurezza e il calore di un accogliente focolare; niente pace, niente casa, ancora nessun domani si intravede per loro.

Ma noi abbiamo già dimenticato questo conflitto, se ne parla di meno, quasi ci dà fastidio ascoltare e vedere certe immagini di guerra.

Ho l’impressione che ogni fatto storico, ogni notizia sia un trend passeggero, una moda temporanea che in poche settimane deve dominare ogni forma di comunicazione, ma dopo qualche tempo anche le questioni più importanti e decisive per tutti vengono abbandonate, si spengono le luci su quel fatto e si spalanca un altro sipario che in quel momento fa audience, attirando di più. E così via, notizia dopo notizia, cronaca nera, rosa e bianca quando c’è, guerre, delitti, scandali e tanto altro, fatti che solo alcuni decidono di somministrarci al tempo giusto e nelle giuste dosi, non ce ne accorgiamo, non ci rendiamo conto di quanto questi soggetti orientano le nostre esistenze e spesso cadiamo nella loro trappola e come burattini facciamo esattamente quello che loro si aspettano da noi.

Graziana Iurato




Che il Natale sia sereno!

Foto: presepe di carta realizzato da Carla Campione su sfondo di masonite dipinta