Col mese di gennaio tutti ci mettiamo a raccontare un futuro che poi, durante l’anno, rimandiamo all’anno nuovo.
Tra guerra e congiuntura, a mio avviso, c’è spazio per passi avanti.
Se l’obiettivo è un rapido calo della dinamica dei prezzi in Europa verso il 2% – obiettivo della Banca centrale europea – allora si vedono oggi all’orizzonte tre rischi da non trascurare.
Il primo è che i lavoratori e i pensionati chiedono di essere indennizzati dall’urto dell’inflazione che, a ragion del vero, negli ultimi diciotto mesi ha corroso o falcidiato il loro potere di acquisto.
Il secondo rischio è che qualcosa del genere possa riguardare gli affitti immobiliari: anche qui diciamo che per ora i prezzi in Italia sono relativamente stabili.
Il terzo rischio, molto concreto, è che la domanda energetica crescente faccia schizzare in alto il costo del gas naturale e liquefatto nel corso di questo 2023.
L’economia – in quest’ultimo anno – si è arricchita di un nuovo neologismo “policrisi”. Ma che cos’è?
La “policrisi” si riferisce a un contesto nel quale più crisi – energetiche, militari, sanitarie ed economiche – si intrecciano, causando danni ben maggiori di quelli che produrrebbero rispetto a sistemi meno interconnessi.
Conseguenza della policrisi, purtroppo, è l’incertezza che si riflette nelle previsioni per il 2023 dell’economia del nostro Paese.
Purtroppo le tensioni geopolitiche sono le grandi incognite dei prossimi mesi. L’economia di fronte a queste prospettive prova a orientarsi sulle principali variabili con l’analisi di tendenze e pericoli.
Insomma, in Europa come negli USA le politiche delle banche centrali sono orientate ad abbattere l’inflazione galoppante e a riportarla alle percentuali antecedenti il Covid e la guerra russo-ucraina (cioè al 2%).
Quindi nel 2023 vivremo un periodo di stallo. In attesa dell’anno successivo. Sempre con un occhio alle novità che non sono di certo poche.
L’inflazione è un’onda lenta, che avanza e recede anche lentamente.
Tanto più che gli ostacoli al commercio globale e il diffuso nazionalismo economico continueranno, purtroppo, ad alimentarla.
A essere penalizzate in misura più rilevante sono soprattutto le fasce più deboli della popolazione. Questo è legato in modo particolare ai carburanti che hanno un effetto “diretto” e uno “indiretto” dovuto ai trasporti e all’intermediazione.
Sono tante, purtroppo, le conseguenze del rialzo dell’inflazione, prima fra tutte l’aumento del divario tra ricchi e poveri.
Insomma l’inflazione è un cancro che corrode la moneta in modo significativo diminuendone il potere d’acquisto.
Da qui si evince che se sperano nel dietrofront dei tassi i mercati finanziari saranno profondamente delusi.
Il tasso di inflazione in Italia oggi? L’ultimo dato è quello riferito a novembre 2022 uguale a 11,8%.
Da qui deduciamo che l’inflazione si manterrà alta, anche se ha raggiunto il picco, e le banche centrali non hanno ancora finito con i rialzi.
Il governo Meloni con la prima legge di bilancio ha provveduto ad abbassare il cuneo fiscale di due e tre punti percentuali per i redditi fino a 35 mila euro per aiutare i dipendenti ad avere una busta paga più corposa, anche dopo. E’ una scelta che va nella giusta direzione.
Di contro, invece, per quanto riguarda la rivalutazione delle pensioni prevista nella legge di bilancio, del governo Meloni, questa punisce fortemente i pensionati sopra i 2500 euro lordi per una perdita che, in 10 anni, va dai 13mila euro agli oltre 115 mila per chi percepisce un assegno di 10 mila euro lordi, meno di 6 mila netti.
Pensavamo che il governo Meloni seguisse le scelte di Draghi. Invece ha usato le pensioni come bancomat.
In questo caso il governo Meloni ha fatto il primo errore, insomma una Robin Hood all’inverso.
Per concludere, nei prossimi 10 anni questi pensionati meritevoli, oltre a sobbarcarsi il grosso dei 56 miliardi di Irpef sulle pensioni, si vedranno levare altri 45 miliardi circa, alla faccia del merito e del senso del dovere.
Meno male che il nostro è un grande Paese, a prescindere.
Salvatore G. Blasco