venerdì, 24 Marzo 2023

AMIAMOCI A TAVOLA

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Tramontata, grazie a Dio, la nouvelle cuisine non come concetto, di per sé lodevole (alleggerire l’alta cucina da intingoli e salse preponderanti), ma per il vezzo delle porzioni minuscole perse in piatti smisurati, restano i suoi principi: cotture brevi, salse leggere ed estetica della presentazione.
Perché il cibo serve non solo a nutrire il corpo, anche l’anima ne trae vantaggio. Dagli antipasti ai dessert c’è l’imbarazzo della scelta su riviste specializzate, programmi tv e web, chef pentastellati e gare culinarie. Molti scelgono questa programmazione al posto dei telegiornali sempre più truci della cronaca politica e nera; meglio piatti che non si proveranno mai tra una forchettata di spaghetti aglio e olio e un’insalata verde al posto delle indigeste “imprese” di ministri minuscoli (che tanto onorevoli non sono).
Una ricerca di felicità, non quella eclatante e irraggiungibile del “vissero felici e contenti”, ma quella a portata di cucchiaio dato che anche la scienza si è pronunciata a favore della pastasciutta, delle minestre. Il cosiddetto comfort food. La pasta, dice, contiene triptofano e stimola endorfine  e buonumore: pare che esista un meccanismo emozionale, neurofisiologico tale che prolunghi l’esperienza emotiva anche dopo la degustazione e risvegli ricordi felici legati alla famiglia. Un idillio che, a volte, è solo utopia per chi non ha avuto un’infanzia felice, per chi ha dovuto rubare merendine e subìto violenze incancellabili.
Di pasta e tanto altro si vive, succede però anche il contrario quando la voracità diventa patologica, quasi che il cibo compensi le sconfitte, il vuoto di affetti trasformandosi in pulsione di morte, dell’annientamento fisico perseguito a colpi di grassi saturi e zuccheri, come nel film candidato a tre Oscar “The whale” di Darren Aronosky, il cui protagonista, Charlie, morbosamente obeso, si vergogna del proprio stato e tenta in extremis di recuperare il rapporto con la figlia tra disperazione e catarsi.
E allora? Diffidiamo dei piaceri gastronomici? Ma no, si può gioire del cibo senza arrivare a effetti deleteri; basta amare e rispettare se stessi anche a tavola. E se il maccherone ci provoca, noi ce lo magniamo, come diceva la buonanima di Alberto Sordi!

Marisa Scopello

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