Dove sono finiti i vecchi gottosi, ciechi e claudicanti di una volta? Prendendo spunto dall’ottantatreenne Catone il Vecchio, protagonista della ciceroniana opera “De senectute”, ancora capace di riflettere e dare consigli esistenziali con mente lucida, pare un esempio calzante dei “vecchi” di oggi che rappresentano il 20% della popolazione mondiale, percentuale destinata a crescere entro pochi anni, con un’aspettativa di vita sempre più alta grazie alle pratiche salutistiche, alimentari e sportive. La “nuova età” – come la chiama Vittorino Andreoli – non è un peso per gli altri, figli e nipoti, ma è una vera condizione di privilegio, salvo malattie che però incidono anche sulla popolazione giovane.
Siamo in tanti (mi ci metto anche io), non abbiamo assilli finanziari e non ci interessano il potere, il denaro, il successo, sappiamo invece godere dell’amicizia, dell’amore e (perché no?) del sesso; sappiamo contare sulle nostre risorse umane, culturali e creative leggendo, viaggiando e vivendo serenamente i doni di questa età. Prendetela come un invito a liberarsi dai pregiudizi, e bla bla bla…
Perché, navigando il mare della vita, abbiamo accumulato ferite più o meno cicatrizzate, schiaffi e pedate; anche noi abbiamo graffiato peggio dei gatti di strada che soffiano per i tanti calci ricevuti rubando per sopravvivere. Ora quel passato ci ha fatto il lifting e da gatti siamo diventati pantere, non quelle nere delle rivendicazioni razziali, e nemmeno quelle rosa dei cartoon o di Peter Sellers: siamo pantere grigie, secondo la felicissima definizione di Federico Rampini (corrispondente di Repubblica dalle grandi capitali mondiali), non più assassine assetate di sangue ma virtuose, serene e differentemente attive in questo lungo crepuscolo, preludio della fine.
Marisa Scopello