mercoledì, 31 Maggio 2023

PUREZZA DELLA RAZZA. C’È ANCORA  CHI  CI  CREDE

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Tempo fa vidi su una rivista una foto color seppia che mi colpì: ritraeva una coppia di coniugi dallo sguardo fiero e i loro ventidue figli, tutti allineati in ordine di altezza  e in camiciola nera. Certo, in epoca fascista le nascite erano incentivate ideologicamente ed economicamente, ma erano anche anni in cui i vestiti e le scarpe passavano di fratello in fratello, il cibo era frugale e i ragazzi crescevano contentandosi di poco.  

Oggi le culle sono paurosamente vuote. Aumentano le coppie senza figli e quelle con un solo figlio, averne due è complicato e averne tre è un lusso. Se non si inverte la rotta, secondo gli esperti l’Italia è un paese in via di estinzione. Basterebbero poche mosse e la volontà politica per incentivare la natalità: certezza del lavoro, adeguata retribuzione, miglioramento dei servizi in favore delle famiglie e delle donne lavoratrici.Invece, è accaduto che la congiunzione storica tra il calo demografico e il fenomeno della migrazione, in Italia ha partorito un piccolo mostro: la sostituzione etnica. Non dobbiamo stupirci se nel nostro paese ogni battuta incauta pronunciata da un ministro di qualsiasi colore scateni un putiferio. Mentre gli opinionisti (a proposito, come faranno i cantanti, i cabarettisti, le ballerine, gli esperti di gossip mondano a diventare di punto in bianco opinionisti?) polemizzano e chiosano fino allo sfinimento – del telespettatore, si intende­ – se si sia trattato di una gaffe, di un’improprietà semiologica o di un’espressione voluta, i problemi reali del paese rimangono sullo sfondo.

La sostituzione etnica, termine già di per sé sgradevole che sembra associare gli esseri umani ai pezzi di ricambio di un‘auto, non è cosa nuova, è una posizione complottista nata dagli scritti di un certo Nikolaus Kalergi nel 2005, seguiti negli anni successivi da altre pubblicazioni dello stesso tenore. In base a questa teoria chiamata “Il piano Kalergi”, di cui si sono impossessati il suprematismo bianco e la destra radicale, milioni di migranti, manovrati da fantomatici “poteri forti”, starebbero attaccando la popolazione bianca sostituendosi lentamente ad essa al fine di creare una razza meticcia più facilmente manipolabile. Anche in un libro distopico di grande successo,”Le GrandRemplacement” di Renaud Camus affiora lo spauracchio  dell’incrocio delle razze,  con la conseguente cancellazione delle radici culturali e religiose dell’Europa. Fin troppo scontata l’affinità con la pulizia etnica pianificata da Hitler,che sterminò ebrei, zingari e disabili per proteggere la razza ariana. Queste teorie, che hanno portato a stragi etniche da parte di gruppi suprematisti bianchi negli Stati Uniti e perfino in Nuova Zelanda, hanno attecchito anche in Europa e in Italia, dove sono state utilizzata come copertura ufficiale di un nazionalismo xenofobo di matrice neonazista. Non possiamo dimenticare il fatto che l’unità nazionale, benché imperfetta e zoppicante, si è realizzata grazie al sangue versato da migliaia di giovani vite, e per questo la nostra bandiera merita rispetto e, perché no?, anche orgoglio. Detto questo, però, è doveroso guardare i fenomeni sociali e politici contestualizzandoli e osservandoli con gli occhi dello storico, cioè interpretarne le dinamiche nel corso del tempo e in una prospettiva d’insieme.

La distribuzione degli  umani sulla terra, i luoghi scelti per l’insediamento, il colore della pelle e degli occhi, sono il prodotto di migrazioni avvenute nel corso di centinaia di millenni. Da quando l’uomo di Neanderthal cominciò a risalire dall’Africa verso l’ Europa e si imbattè nei Sapiens, di molto superiori, quella dell’umanità è stata una storia di esodi scelti o forzati: dalle tribù mesopotamiche che si insediarono nella Mezzaluna Fertile alla diaspora ebraica, dalla colonizzazione greca alle invasioni barbariche, dai conquistadores agli attuali esodi siriani, albanesi, afgani, fino alla migrazione più massiccia della storia, quella degli italiani (sic), da due secoli in continuo movimento verso il nord Europa o le Americhe per cercare una vita migliore. In tutti i casi, pacificamente o in seguito a duri scontri, questi esodi hanno determinato varie forme di integrazione, biologica, politica e sociale con le popolazioni autoctone. Pensiamo ai meticci, ai mulatti, agli amerindi. Anche noi italiani, per quanto pochi se ne rendano conto, siamo il risultato di secolari ibridazioni. La resistenza a intrecciare la nostra cultura con quella di popolazioni diverse da noi per aspetto, stili di vita e tradizioni fa parte della primordiale paura del diverso, emotivamente comprensibile, ma si tratta di un falso problema. Noi che sbandieriamo tanto la multiculturalità quando basta una pelle olivastra a lasciarci imboccare la strada della discriminazione, dobbiamo prendere atto del fatto che quello che sta accadendo oggi si sta avviando ad un punto di non ritorno. Il surriscaldamento del pianeta, le estremizzazioni dei fenomeni climatici e la conseguente desertificazione del Sud del mondo, già povero di risorse,fanno intravedere scenari inquietanti. Che ci piaccia o no, in un futuro non troppo lontano le migrazioni si incrementeranno in modo incontenibile, stravolgendo la distribuzione demografica e non solo. Potrebbero crollare sistemi politici ed economici che sembravano eterni, come è accaduto per la civiltà egiziana, per l’impero romano, per il terzo Raich. Potrebbero realizzarsi nuove forme di convivenza e di integrazione che oggi neppure immaginiamo. Potrebbero sbiadire i confini tra le nazioni  e nascere nuove forme di globalizzazione. E l’identità nazionale italiana, tutte le identità nazionali, non sarebbero che frammenti trascurabili nella vastità sconfinata della storia.

Claudia Sudano

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