martedì, 3 Ottobre 2023

A tavola con gli Dei (a cura di Marisa Scopello)

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La porta scolpita dell’hamam si apre per noi e siamo accolti nel camekan, il vestibolo; ci vengono offerte tazze di tè e piccoli dolci alle mandorle. Nell’hamam vige la separazione dei sessi tuttavia, nel nostro caso, possiamo restare insieme tutti e cinque. Ci danno il pestemal, la pezza per coprire le parti intime, ed entriamo nel sogukluk che è simile al tepidarium delle terme romane, prima di spostarci nell’Hararet, la stanza calda e piena di vapore per rilassarci e sudare. Mi guardo intorno: l’ambiente è bellissimo con una fontana al centro e i sedili di marmo disposti intorno sotto una cupola ricca di fregi. Gheorgos la guarda ammirato perché è tutto architettonicamente calibrato con eleganza. Forse il fatto che sia mattina non permette a molti di usarlo; c’è infatti con noi solo un giovane che ha già iniziato il rituale e l’assistente lo sta spalmando di nūra, la pasta depilatoria che rende tutto il corpo liscio prima del massaggio. Solo la barba non subisce tale trattamento. Sono sdraiata accanto a lui e, tra i densi vapori, gli chiedo chi sia.
“Il mio nome è Shams che, in persiano, significa Sole. Faccio parte della Confraternita Sufi e seguo il pensiero mistico di Jalâl âlDin Rûmi, vissuto nel vostro Medioevo. Voi occidentali ci conoscete come Dervisci.”
I miei amici non capiscono di cosa stiamo parlando e mi chiedono spiegazioni.
“Voi non avete esperienza del Sufismo e il volersi innalzare fino a Dio attraverso il Semà, la danza dell’estasi. Bisogna vederla per capire meglio.
Chiedo a Shams se possiamo assistervi dopo il bagno turco?”

Dicono di sì con entusiasmo, perciò mi faccio dire da Shams dove si svolgerà e a che ora.
Continuiamo con la kese, il massaggio col guanto di crine che asporta la pelle morta, e il bagno in acqua calda. Ora siamo pronti per il massaggio con oli profumati.
Ci sentiamo rigenerati e, bevendo tè caldo alla fine del bagno turco, decidiamo di pranzare rapidamente nel bazar delle spezie. Tra colori caldi e aromi inconfondibili di curry, curcuma e sommaq, ci sediamo a un tavolino appartato dove ci servono borek ripieni di verdure e uova, gamberi al curry e formaggio di capra.
“Sono eccitata pensando all’esperienza che fra poco vivremo. Per noi del mondo antico il misticismo è assolutamente nuovo. Forse qualche filosofo si è avvicinato ad esso, ma la religiosità romana è in genere molto pragmatica e si onorano gli Dei per averne qualche beneficio. – dice Makaria.
“Sì, credo che proveremo emozioni uniche. Tramite la danza, i dervisci entrano in contatto con l’interiorità; lo faremo anche noi insieme a loro. Spero che ciascuno di noi sappia ascoltare il silenzio, i pianeti, il cosmo che essi evocheranno.”
Ci rechiamo all’indirizzo che ci ha dato Shams, entriamo e prendiamo posto sedendoci a terra intorno a un’ampia pedana rialzata. Ci sono già i musici col tamburo e il nay, un lungo flauto di canna.
Shams ci aveva recitato la poesia di Rûmi sul significato di questo flauto: “Ascolta la canna, narra tante cose: dice i segreti nascosti dell’Altissimo, la sua figura è pallida e il suo interno è vuoto. Essa ha donato la sua testa al vento e ripete il nome di Dio senza parole e senza lingue.”
Si fa sentire il tamburo, sembra interpretare il battito del nostro cuore… Tra poco assaggeremo un cibo decisamente diverso: quello che nutre la nostra anima.

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